Nel 2017 amministratori delegati, direttori generali, presidenti e sindaci delle 224 imprese quotate sull'Mta hanno ricevuto stipendi per 666,9 milioni di euro. La retribuzione annuale più alta ha riguardato, sfiorando i 9 milioni, la carica di ad. La fotografia emerge dall'annuale analisi dell'area studi di Mediobanca circa la campagna compensi 2017 di 224 imprese con sede in Italia quotate in Borsa. Un focus che ha al centro un campione composto da 3.395 ad, direttori generali e sindaci. Ma che esclude le società che hanno trasferito la sede legale all'estero, come Fca, Ferrari, Cnh Industrial, Exor quotate su mercati esteri (come Prada a Hong Kong).
L'analisi non fa nomi, ma questi sono pubblici sui bilanci e l'identikit dell'ad più pagato dovrebbe corrispondere a quello di Luca Bettonte, di Erg. C'è poi un caso record in cui un ad ha guadagnato quanto la somma delle buste paga di 217 dipendenti. Tanto, anche se, in generale, emerge che lo stipendio medio dell'amministratore delegato di una società quotata con sede in Italia è stato di 952.400 euro lordi nel 2017, il 14,5% in più rispetto all'anno precedente (831.700), e 18,5 volte il costo medio del lavoro in una quotata. Ma il 2017 sarà ricordato anche per le liquidazioni record, e per il ruolo crescente di tutte quelle voci non fisse che compongono lo stipendio dei manager. Se, infatti, la quota fissa ammonta a 345,6 milioni e perde di rilevanza calando dal 56,7% del 2016 al 51,8% del 2017, la quota variabile sale dal 25,9% al 27,7%. I benefit (auto, assicurazioni) sono nell'insieme di poco conto, 8 milioni (1,2% del totale), ma hanno un grado di diffusione sempre più ampio (14,3%). Mentre, in questo contesto, 56 posizioni (1,7% del totale) hanno ricevuto compensi legati alla cessazione della propria carica: si tratta di 82,1 milioni, pari al 12,3% del monte compensi. Le cinque maggiori liquidazioni (ognuna superiore a 6 milioni) hanno sommato 53,9 milioni, ovvero il 66% del totale.
Rispetto all'analisi 2016, sul fronte anagrafico, poco cambia. L'età media dei manager nelle figure apicali resta alta e passa dai 57,3 anni nel 2016 ai 57,1 anni nel 2017. Lo scarto più rilevante riguarda il settore bancario dove l'età media degli amministratori cala da 59,9 anni a 59,5 anni. Da sottolineare, poi, come le presidenze siano ricoperte da soggetti relativamente più attempati.
Crescono le figure femminili, che passano dal 30,9% al 33,1% nel 2017, ma l'incremento non origina dalle posizioni apicali. Grandi eccezioni sono, ad esempio, Monica Mondardini (ad Cir) o Maria Patrizia Greco (presidente Enel). La presenza femminile cresce in particolare tra i consiglieri (dal 37,2% al 40,2%) e tra i presidenti del collegio sindacale (dal 16,4% al 18%). Ma le remunerazioni restano ben più basse di quelle maschili: un presidente o un ad uomini guadagnano il doppio,
Guardando,
infine, ai settori di attività, nel 2017 il comparto industriale ha assorbito il 75% del monte compensi dal 71% del 2016, mentre è calata la quota a tradizionale appannaggio delle banche, scesa dal 18% del 2016 al 14% del 2017.
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