Ecco alcuni trucchi e strategie per avere non avere una pensione da fame. Facciamo due conti in tasca agli uomini e alle donne del Belpaese che rischiano di ritirarsi dal mondo del lavoro con un assegno basso, o comunque più basso rispetto allo stipendio percepito negli anni in cui ha lavorato. Già, perché in pensione saremo tutti più poveri. Intervenendo per tempo, però, è possibile fare in modo di aumentare la rendita previdenziale, arrivando anche al 90% dell’ultima retribuzione.
Per alzare l’asticella è indispensabile crearsi una previdenza integrativa, aderendo a una delle diverse forme previste: un fondo pensione aperto, un fondo negoziale (specifico per una determinata categoria di lavoratori) o un Pip (Piano individuale pensionistico). Strumenti che offrono agevolazioni fiscali. Ma facciamo delle simulazioni. Lo scrive il Corriere della Sera.
La prima ipotesi di partenza ha preso in considerazione un uomo, nato nel 1984, che ha iniziato a lavorare come dipendente all’età di 35 anni. Nella seconda ipotesi, invece, è stato valutato il profilo di una donna, nata nel 1994, che ha iniziato a lavorare, sempre come dipendente, a 25. In entrambi i casi, è stato ipotizzato un reddito lordo annuo di 30 mila euro.
Nel primo caso l’uomo accederà al pensionamento a 67 anni di età. L’addio alla vita lavorativa è previsto nel 2051 con una rendita pensionistica netta annua di 20.447 euro, a fronte di un ultimo reddito netto di 34.141 euro. Va un po’ meglio alla signora. Avendo iniziato a lavorare molto presto (25 anni), avrà invece una pensione netta annua di 28.647 euro contro un ultimo reddito netto di 39.766 euro. Per arrivare all’obiettivo di un tasso di sostituzione complessivo del 90%, dunque, è necessario ricorrere in entrambi i casi alla previdenza integrativa.
Esistono tre strade: l’adesione a un fondo aperto senza versare il Tfr in modo da avere a disposizione una sorta di tesoretto. L’adesione sempre a un fondo aperto, ma con il versamento della liquidazione e l’adesione a un fondo negoziale, ovvero di categoria. I risultati sono molto diversi a seconda dello strumento a cui si decide di aderire e in alcuni casi si richiede un importante sforzo economico durante la vita lavorativa.
Importante è la scelta sul Tfr: versarlo o non versarlo? Per raggiungere l’obiettivo del 90% senza fare grandi rinunce durante la vita lavorativa è necessario versare anche il trattamento di fine rapporto. A questo punto, tanto vale aderire al fondo di categoria (il versamento del Tfr è obbligatorio), così da poter beneficiare del contributo aggiuntivo del datore di lavoro. Se poi si sceglie il riscatto agevolato della laurea, si potrà andare prima dei 67 anni.
Il costo è di 5.260 euro per ogni anno accademico per un totale di 26.300 euro su 5 anni. Si potrà così andare in pensione a 64 anni (3 anni prima), sempre rispettando l’obiettivo di un tasso di sostituzione del 90%. Per esempio, nel caso dell’uomo 35 enne, ipotizzando di aderire al negoziale Cometa (comparto reddito), oltre al Tfr e al contributo datoriale (2%), il lavoratore dovrà versare un contributo volontario di 2.256 euro l’anno (188 euro al mese) per raggiungere il 90%.
Per la donna, invece, sarà sufficiente il contributo volontario minimo (1,2%) di 360 euro l’anno. Dalle simulazioni emerge che il fattore tempo è importante per sperare in una pensione adeguata alle aspettative. Ciò non avverrà, comunque, senza rinunce durante gli anni di lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.