In sette anni (dal 2005 al 2012) sono raddoppiati i poveri in senso assoluto nel nostro Paese. Lo dice il Rapporto sulla coesione sociale secondo cui i dati sono persino triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%). Ai massimi storici anche la povertà relativa, che coinvolgeva nel 2012 il 12,7% delle famiglie residenti in Italia e il 15,8% degli individui. Si tratta dei valori più alti dal 1997, anno di inizio della serie storica.
Aumenta peraltro il rischio che la crisi abbia effetti devastanti per la fascia più povera della popolazione. Nell’indicatore sintetico "Europa 2020", che considera le persone a rischio di povertà o esclusione sociale, infatti, nel 2012 l'Italia ha quasi raggiunto il 30%, "soglia superata, tra i paesi dell’Europa a 15, solo dalla Grecia".
Sul fronte lavoro la situazione è sempre più precaria, con il posto fisso diventato ormai un miraggio, soprattutto per i giovani: "Il numero medio di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nel 2013 è diminuito rispetto all’anno precedente (-1,3%)", si legge nel rapporto, "Il fenomeno ha riguardato soprattutto i lavoratori gli under30, diminuiti del 9,4%".
A questo si aggiunge il fatto che quasi un pensionato su due (il 46,3%) ha un reddito inferiore ai 1.000 euro lordi al mese, mentre il 38,6% ne percepisce uno tra 1.000 e 2.000 euro. In totale, dunque, l’84,9% ha redditi pensionistici inferiori ai 2.000 euro lordi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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