L'oro a quota 2.450 dollari scommette sul taglio Fed

Effetto Raisi-Iran combinato con l'attesa di una riduzione dei tassi Usa dietro l'ondata di acquisti sul metallo giallo

L'oro a quota 2.450 dollari scommette sul taglio Fed
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Cresce ancora in prezzo dell'oro: il metallo prezioso con consegna immediata (Gold spot) è ieri passato di mano a 2.448,22 dollari l'oncia con un aumento dell'1,37%. L'oro con consegna a giugno (Comex) è scambiato a 2.452,10 dollari con una crescita dell'1,44%.

A favorire la corsa dell'oro, secondo gli analisti, sono la crescente domanda di beni rifugio e le speranze di un taglio dei tassi da parte della Fed. Gli operatori guardano poi con attenzione alla situazione in Medio Oriente con la morte, in un incidente aereo, del presidente dell'Iran, Ebrahim Raisi, e del ministro degli Esteri. Il metallo giallo - correlato anche con argento, platino e rame - non aveva mai raggiunto la quota 2.450 dollari. Il contesto è quello di una forte domanda in vista del previsto taglio dei tassi Usa. Anche l'argento corre e ha toccato il massimo dal dicembre 2012, a 32,51 dollari l'oncia. «Segnali di rallentamento dell'inflazione negli Stati Uniti e dati sull'occupazione inferiori alle attese» hanno infatti rafforzato le aspettative di tagli dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve (Fed) «nei mesi a venire», riassume Frank Watson, analista di Kinesis Money. L'inflazione negli Usa è scesa nuovamente in aprile, al 3,4% su un anno, rallentando verso l'obiettivo del 2% fissato dall'istituzione monetaria. Tuttavia, la riduzione dei tassi d'interesse indebolisce tradizionalmente i rendimenti del dollaro e dei titoli di Stato (due beni rifugio concorrenti), il che favorisce «gli investimenti che non fruttano interessi, come l'oro e l'argento», precisa Frank Watson.

Il prezzo di un'oncia di metallo giallo e salito di circa il 20% dall'inizio di febbraio, con un precedente picco in aprile, e l'argento e salito di circa il 36% nello stesso periodo. L'aumento del prezzo di questo bene rifugio si spiega anche con «il nervosismo degli investitori di fronte al contesto geopolitico teso», in particolare dopo la morte del presidente iraniano Raisi. Infine, l'analista cita gli acquisti «di massa» di oro da parte della Cina, che stimolano la domanda e quindi il prezzo.

Forti acquisti pure sul platino, che ha toccato il picco di 1.095,69 dollari l'oncia, un livello che non si vedeva dal maggio 2023, spinto da un'offerta sotto pressione e dalla prospettiva di una «carenza persistente», spiega Ole Hansen, analista di Saxobank, intervistato dall'AFP. Utilizzato nella produzione di convertitori catalitici che contribuiscono a ridurre le emissioni nocive dei motori a combustione, il platino ha sofferto negli ultimi tre anni a causa delle aspettative che la domanda si sarebbe indebolita man mano che i veicoli elettrici avrebbero sostituito le auto tradizionali. Il colosso minerario Anglo American propone quindi di separarsi dalle sue attività sudafricane nel platino, progetto già compreso nella proposta di acquisizione del suo concorrente Bhp.

Tuttavia, dalla fine di aprile, i prezzi sono saliti alle stelle, con gli esperti del settore che contano su un secondo anno consecutivo di deficit di offerta, a causa della riduzione della produzione da Sudafrica e Russia. Già carente di offerta, si prevede che quest'anno il mercato del platino mancherà di 476mila once, secondo le stime del World Platinum Investment Council della scorsa settimana.

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