«Enormi omessi accantonamenti»: non usano giri di parole i periti del tribunale di Milano per radiografare i comportamenti messi in campo tra il 2012 e il 2015 da parte di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, i nuovi amministratori messi dal governo alla testa del Monte Paschi per cercare di porre rimedio ai disastri dell'epoca Mussari. E che invece secondo la perizia depositata ieri hanno proseguito nell'occultare ai mercati e alla Bce lo stato prefallimentare della banca, occultando crediti deteriorati per oltre 11 miliardi. Il monumentale (oltre 5.600 pagine) lavoro dei consulenti Gaetano Bellavia e Fulvia Ferradini amplifica i dubbi che nel gennaio 2020 avevano portato il giudice preliminare Guido Salvini a non accogliere la richiesta di proscioglimento dall'accusa di false comunicazioni sociali presentata dalla Procura della Repubblica nei confronti di Viola e Profumo, rispettivamente amministratore e presidente di Mps all'epoca dei fatti.
Sulla posizione dei due, giudice e pm si erano scontrati frontalmente, con la Procura nell'inconsueto ruolo di sostenitrice dell'innocenza degli indagati. Ora, davanti alle conclusioni dei periti, i pm hanno davanti a sè tre strade. Potrebbero chiedere nuovamente l'archiviazione del procedimento, andando presumibilmente incontro a un diniego da parte del giudice; potrebbero disporre nuove indagini per approfondire i punti critici evidenziati dalla perizia; o potrebbero ribaltare l'atteggiamento iniziale e chiedere il rinvio a giudizio per Viola e Profumo. Per quest'ultimo, attuale ad di Leonardo, si tratta del secondo grosso dispiacere giudiziario in pochi mesi: nell'ottobre scorso nel filone principale dei processi Mps, il tribunale di Milano gli ha inflitto sei anni di carcere per avere presentato nei bilanci del gruppo dei veicoli finanziari («Alexandria» e «Santorini») come titoli di Stato anzichè come derivati. Anche in quel caso la Procura della Repubblica aveva chiesto l'assoluzione del manager, andando a sbattere contro il diverso parere del tribunale.
Per raggiungere le loro conclusioni, Bellavia e la Ferradini attaccano frontalmente la consulenza che la Procura aveva disposto e che aveva portato a chiedere il proscioglimento di Profumo e Viola. Secondo le analisi dei consulenti dei pm, i due amministratori avevano operato in buona fede per limitare i danni. «Le conclusioni a cui sono pervenuti i consulenti tecnici Castelli e Tasca - si legge invece - appaiono ancor più sorprendenti se solo si considera la procedura interne (...) si è data dimostrazione, infatti, di come la Banca nella valutazione del credito al 31.12.2013 avesse violato le proprie procedure interne, omettendo di valutare il credito secondo i criteri e nel rispetto delle soglie di svalutazione nelle stesse indicate e di cui il gruppo Mps si era dotato».
Ai consulenti della Procura i periti del giudice rimproverano anche avere riconosciuto a Profumo e Viola «la mancanza di comportamenti dolosi o gravemente colposi»: non sembra di avere intravisto in nessun documento esaminato nel fascicolo del procedimento o successivamente acquisito elementi in tal senso».
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