Petrolio, geopolitica, sbagli Ue: ecco perché la Borsa è crollata

Secondo l'economista Giulio Sapelli, alla base del crollo delle borse c'è un intreccio di fattori che parte dalle turbolenze del mercato energetico e finisce con gli errori della Ue

Petrolio, geopolitica, sbagli Ue: ecco perché la Borsa è crollata

La tempesta perfetta delle Borse? Secondo l'economista Giulio Sapelli, è stata provocata da una serie di congiunture geopolitiche, economiche e finanziarie senza precedenti, che rischiano di affossare i mercati in una spirale depressiva di cui è difficile intravedere il fondo.

In un'intervista al sito di economia Capire davvero la crisi, lo studioso dell'Università Statale di Milano richiama tutti gli ingredienti che concorrono e hanno concorso a determinare le turbolenze di questi giorni.

Il crollo del petrolio

In primo luogo la caduta del prezzo del petrolio, con l'enorme differenza fra quantità fisica determinata dalla domanda e dall'offerta e scommessa finanziaria che sul prezzo del greggio viene fatta: "Il petrolio - spiega Sapelli - si vede sui future, sugli swat: si vendono dei collaterali, dei future, delle azioni, delle special purpose entities…che presuppongono che il petrolio costi un costo x nel prossimo decennio. È evidente che una discrasia così grande fra quantità fisica e scommesse finanziarie non può che provocare gravi turbolenze sui mercati."

Gli Stati che importano petrolio, come l'India, guadagnano da questa situazione, mentre i Paesi che ne esportano - su tutti l'Arabia Saudita - ne hanno grave danno. L'Italia, come tutti i soggetti che hanno grandi aziende petrolifere, ci perde.

L'elemento geopolitico

Alla base delle agitazioni di borsa ci sono poi le irrequietezze dei Sauditi, preoccupati per l'autonomia energetica Usa e per il rinnovato protagonismo iraniano. Sapelli indica inoltre nell'eccessiva preoccupazione per quanto avviene sui mercati cinesi un altro fattore di miopia degli osservatori europei: la capitalizzazione di borsa pesa sull'economia cinese solo per il 5% e chi paga il prezzo della crisi cinese sono gli investitori occidentali, che sulla Cina hanno scommesso.

Gli errori di Bankitalia e della Bce

Grande peso, secondo Sapelli, hanno avuto infine la scarsa autorevolezza di Bankitalia e Consob - che non hanno saputo vigilare sul caso delle quattro banche - e le

ultime iniziative dei vertici finanziari della Ue: provvedimenti come quantitative easing e bail in non hanno fatto altro che rendere i mercati più inquieti e meno sicuri.

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