Pirelli, Pechino in bilico sulla ritirata

Cnrc deve decidere se ridurre la quota sotto il 25% o penalizzare le potenzialità del gruppo

Pirelli, Pechino in bilico sulla ritirata
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Il consiglio di amministrazione di Pirelli che si riunirà oggi è chiamato ad approvare il bilancio 2024, ma soprattutto a risolvere un problema con il socio di maggioranza relativa, ovvero Sinochem, che attraverso la sussidiaria Cnrc possiede il 37% del capitale. Vi fa da contraltare il sistema MTP-Camfin con una partecipazione del 26,4%. Sinochem è cinese e dunque rientra fra le società impattate dai dazi americani e soprattutto dalla nuova normativa Usa che colpisce il comparto auto, vietando la vendita o l'importazione di veicoli connessi a guida autonoma che usano hardware o software di aziende legate a Pechino o a Mosca.

Le vendite negli Stati Uniti con la tecnologia Cybertyre, che consente il dialogo fra gli pneumatici e i sistemi di controllo delle auto tramite sensori e algoritmi, sarebbero dunque a rischio. Come risolvere il problema? Sul tavolo del cda, secondo quanto risulta a Il Giornale, ci saranno due opzioni che potrebbero essere anche collegate tra loro. La prima soluzione sarebbe quella di far scendere la quota dei cinesi sotto il 25%, dunque mettendo in vendita una parte del pacchetto. La seconda mossa sarebbe far tornare in campo il Golden Power affinché la governance venga in qualche misura rimessa in linea con una caduta del numero di consiglieri rappresentanti Sinochem.

I soci cinesi sono da tempo sotto osservazione e al centro di un acceso dibattito sul governo societario. Già nel giugno 2023 il governo Meloni, su proposta del ministero delle Imprese e del Made in Italy, aveva disposto l'esercizio dei poteri speciali Golden Power con alcune prescrizioni «per la tutela dell'asset strategico costituito da sensori Cyber impiantabili negli pneumatici». Non solo. Alla fine di ottobre dell'anno scorso Palazzo Chigi aveva messo sotto esame la Cnrc per un'ipotesi di violazione di quelle prescrizioni.

Vedremo cosa accadrà oggi. In entrambe le due opzioni considerate, l'assetto del governo societario del colosso degli pneumatici verrebbe modificato per evitare conseguenze negative negli Stati Uniti. Per Pirelli sarebbero infatti a rischio i piani di sviluppo sul mercato nordamericano che genera oltre il 25% dei ricavi, e che vale il 40% del segmento di mercato ad alto valore, mentre deve fare anche i conti con la crisi del settore dell'automotive. A fine febbraio il vicepresidente esecutivo, Marco Tronchetti Provera, aveva spiegato il piano di mitigazione per rispondere ai dazi minacciati da Trump: «Stiamo valutando significativi investimenti negli Stati Uniti per aumentare la capacità produttiva, possiamo fare leva sulla nostra leadership nella tecnologia, innovazione e nei pneumatici connessi, nei prodotti eco-safety nonché sul nostro brand iconico, grazie anche alla nostra partecipazione nella Formula Uno». La società finora si è sempre limitata ad affermare che «si adeguerà alle leggi come ha fatto e fa in ogni Paese in cui opera». Di certo, oggi sarà un cda cruciale, durante il quale potrà essere raggiunto un compromesso pacifico oppure si arriverà allo scontro.

Senza un accordo più ampio sulla governance, infatti, i membri del consiglio che rappresentano Sinochem potrebbero anche votare contro la firma del rapporto sui risultati annuali 2024.

Nel frattempo, in Piazza Affari il titolo Pirelli ieri ha risentito della tensione: le azioni hanno archiviato la seduta lasciando sul terreno il 2,5% fermandosi a quota 5,75 euro.

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