Lo sviluppo passa dalla rete

La protezione giudiziaria è uno dei tre rami del business danni che, a fine 2012, hanno chiuso con una variazione positiva. Ma l’incremento non si scosta dal 2%. Anche perché, troppo spesso, gli intermediari non spingono adeguatamente queste polizze. Se ne è discusso in una tavola rotonda promossa dal Giornale delle Assicurazioni

Lo sviluppo passa dalla rete

Quello della tutela legale è uno dei tre segmenti nell’ambito dei rami danni (gli altri sono Rc generale e assistenza) che nel 2012 ha registrato una variazione positiva rispetto all’andamento dell’anno precedente: +2,6%. Le compagnie specialistiche hanno registrato incrementi superiori, ma certo questo segno più è un segnale di un ramo che comunque è in salute. Tutte rose e fiori? Assolutamente no, perché quello della tutela legale è assolutamente un mercato che ha grandissime potenzialità inespresse. Oggi, in generale, resta un ramo accessorio. Ma qualcosa si muove, e anche le compagnie lo stanno capendo.

Il canale preferenziale attraverso cui veicolare i prodotti di tutela legale resta quello degli intermediari (agenti e broker), ma all’orizzonte si intravedono nuovi canali di vendita: la bancassicurazione, per esempio, è una strada che le compagnie, anche quelle specializzate, intendono percorrere. Questo è soltanto uno degli aspetti (ce ne sono altri come il rischio di conflitto di interesse fra imprese, le opportunità di crescita che offre la tecnologia, le strategie da seguire in futuro) affrontati nell’ambito di una tavola rotonda dal titolo Tutela legale: ieri, oggi, domani, organizzata dal Giornale delle Assicurazioni.

Al dibattito, coordinato da Angela Maria Scullica, direttore del Giornale delle Assicurazioni, di BancaFinanza e di Espansione, e moderato dal giornalista Fabio Sgroi, hanno partecipato Andrea Andreta, rappresentante generale per l’Italia e direttore generale di Arag, Adelaide Gilardi, amministratore delegato di Uca assicurazione, Roberto Grasso, amministratore e direttore generale di Das Italia, Giovanni Grava, amministratore delegato di Tutela legale spa e Pietro Pipitone, rappresentante generale per l’Italia e direttore generale di Roland. Ed ecco che cosa è emerso.

Domanda. Che momento sta vivendo il settore della tutela legale?

Andreta. È uno dei tre rami ad aver registrato una crescita nel 2012. Tuttavia, considerando le dimensioni del mercato in valore assoluto, non possiamo entusiasmarci per un incremento del 2,6%, a fronte di 320 milioni di raccolta premi complessiva. Il settore continua a evolvere, ma non ha ancora sviluppato pienamente le proprie potenzialità: le ragioni sono diverse e non esclusivamente legate alla recessione economica. Incidono fenomeni culturali e di mercato e la continua potenzialità di investimento delle compagnie di tutela legale, che non hanno massa critica per investimenti massicci in comunicazione. Per non parlare del costo delle polizze Rc auto, che lascia poco spazio per le garanzie accessorie. Il mercato cresce, ma deve affrontare un problema di fondo: accelerare la diffusione delle coperture di tutela legale, creando così un mercato più ampio, meno antiselettivo e tale da permettere di generare mutualità.

D. Eppure, rispetto a qualche anno fa, passi in avanti ce ne sono stati...

Grasso. Sì, anche se le dimensioni sono queste, per cui non possiamo nasconderci. Gli assicuratori che lavorano come noi, attraverso il canale diretto e indiretto, hanno sofferto e soffrono ancora questa dipendenza dal ramo auto. Con tariffe Rca importanti, come accaduto negli ultimi due anni, risulta difficile spiccare il volo. Tuttavia mi piace guardare il bicchiere mezzo pieno, sottolineando la crescita della sensibilità delle reti distributive verso un ramo come il nostro che negli anni, grazie a corsi di formazione, training e all’attività svolta nei diversi canali, si è risvegliato. Noi lo vediamo con gli agenti, con i broker, ma anche su ambiti diversi. Oggi iniziamo a raccogliere importanti frutti anche su prodotti stand alone. In Italia siamo abituati ad avere una marginalità più elevata sui prodotti, un combined ratio sotto il 90%, al contrario di ciò che avviene all’estero, dove questa percentuale in media si attesta sul 97%-98%. Forse in futuro venderemo di più, a fronte però di una marginalità ridotta. Le compagnie italiane potranno tenere un combined di dieci punti più elevato, con le caratteristiche attuali del nostro sistema distributivo?

Gilardi. L’incremento del 2,6% del ramo lo vedo con ottimismo. È un dato estremamente positivo, più dal punto di vista qualitativo, sia quantitativo, in quanto evidenzia una maggiore consapevolezza e sensibilizzazione sia delle reti di vendita, sia degli utenti. E con ciò non mi riferisco solo al cliente finale, ma (per esempio) alle associazioni di categoria e agli enti. Uca, che esercita il ramo operando esclusivamente nel lavoro diretto, sta registrando incrementi pari al 15%, una crescita esponenziale che non ha corrispondenza con la percentuale di settore del mercato. Questa nostra crescita è antitetica e anticiclica rispetto al contesto economico, c’è effettivamente maggiore sensibilizzazione al rischio, più consapevolezza da parte di tutti gli interlocutori.

D. Grandi potenzialità, quindi, ma ancora inespresse…

Grava. In effetti bisognerebbe interrogarsi sul motivo per il quale il ramo della tutela legale rappresenta da molti anni una enorme potenzialità, che invece è ancora lì, un po’ frenata, inespressa. La situazione, secondo me, va analizzata con molte chiavi di lettura. Prima di tutto c’è la congiuntura economica: c’è la tendenza a spendere meno. E questo non aiuta i consumatori a sviluppare nuovi percorsi assicurativi. Poi c’è un altro aspetto: scontiamo una situazione generale che è molto critica: il mondo della polizza è sostanzialmente sottosviluppato. Basti pensare al dato secondo il quale la metà della raccolta danni è concentrata sull’Rc auto. Una situazione, a mio avviso, che è inconcepibile per un paese evoluto e con un mercato, almeno sulla carta, aperto. In più, in questi ultimi anni il numero delle compagnie si è ridotto, le concentrazioni sono sempre più significative, e questo identifica una condizione che non è certamente favorevole. La tutela legale deve trovare la via per cercare di emanciparsi da questi vincoli. Se consideriamo che questa situazione sia inamovibile, quella che è stata considerata come una grande occasione rimarrà tale. Secondo me occorre lavorare sulle reti distributive, facendo crescere la consapevolezza legata al fatto che la tutela legale non è un mercato di nicchia. Tutti sono interessati, se pensiamo che oggi in Italia pendono davanti ai tribunali civili qualcosa come 5,5 milioni di cause: vuol dire che almeno 11 milioni di persone, in questo momento, stanno litigando davanti a un giudice. Questo la dice lunga sul bisogno sostanziale di tutela legale da parte di tutti. Dobbiamo far capire ai consumatori, passando attraverso le reti di distribuzione, come questo elemento vada fatto valere. Detto ciò, nel complesso sono molto soddisfatto della ancora breve storia della nostra compagnia: le performance di Tutela legale spa sono in decisa controtendenza rispetto alla media del mercato.

Pipitone. La crescita del 2,6% del ramo è un dato medio, e quindi ingannevole. Tutti noi che partecipiamo a questa tavola rotonda abbiamo registrato incrementi a doppia cifra o quasi. Come vedo il mercato? Roland Italia ha riscontrato un aumento significativo della domanda e delle richieste di offerte. Ma c’è anche un aspetto negativo che riguarda l’aumento dei sinistri. È chiaro che, se lavoro in modo accessorio, i sinistri sono bassi. Se operiamo con clienti che hanno sottoscritto una polizza in modo consapevole, invece, accade il contrario. Nel caso di aziende, professionisti, enti pubblici o settore sanitario, bisogna ipotizzare un rapporto sinistri-premi del 60%-70%. Sulla crescita del mercato non saprei dire se esiste un legame con la crisi economico-finanziaria. La nostra esperienza ci conferma un aumento importante sulle richieste di quotazioni e, come è statisticamente rilevabile, un incremento dei sinistri.

D. Il nostro paese ha un alto tasso di litigiosità, ma la tendenza da parte dei cittadini è quella di rivolgersi a un avvocato solo quando il problema si presenta, e quindi non quella di cautelarsi a priori con una polizza. Insomma, c’è da lavorare sull’aspetto culturale. Non è forse limitativo, per una compagnia di tutela legale, affidare questo compito solo alla propria rete? Si può immaginare un contatto diretto con il cliente o attraverso altri canali?

Andreta. La cultura assicurativa è sicuramente un tema centrale, e su questo fronte le compagnie negli anni hanno fatto moltissimo, facendo crescere la consapevolezza fra i consumatori. È altrettanto vero che le attività di comunicazione non sono sufficienti per cambiare radicalmente i trend di mercato. Penso che lo sviluppo di questo mercato debba passare anche attraverso lo sviluppo dei canali distributivi: le reti tradizionali, cioè agenti e broker, sono e resteranno il canale principale. Al tempo stesso credo che la distribuzione attraverso banche, gruppi di affinità e internet evolverà progressivamente. La tutela legale si presta ad aggiungere valore ad altri prodotti e servizi: non dobbiamo, a mio giudizio, considerare il concetto di accessorietà in senso negativo. Una distribuzione trasparente e chiara in questa logica può contribuire alla maggiore penetrazione delle coperture di tutela legale e allo sviluppo del ramo.

Gilardi. Sono convinta che, in questo momento, non ci siano i presupposti per puntare sul mass market, perché quello della tutela legale è un ramo tecnico; non è semplice spiegare in due parole che noi paghiamo le spese legali sostenute dall’assicurato. Le polizze di tutela legale non sono un “tutto compreso”, dal momento che presentano, come ogni altra copertura, esclusioni di massima comuni a tutte le compagnie. La commercializzazione attraverso internet o altri strumenti, o la vendita direttamente al consumatore, non sono così semplici anche per questo. Vero è che le polizze di tutela legale qualitativamente non sono tutte uguali: dunque, ridurre la comparazione alla guerra dei prezzi è un approccio sbagliato. Per chiarire la portata delle coperture non bastano le informative di prodotto dei portali on line delle compagnie specializzate. Il problema, ribadisco, è far comprendere prima l’ambito di copertura, poi le differenze di offerta sul mercato. Inoltre, non è facile spiegare che, anche a parità di garanzia, alcune compagnie presentano clausole di valutazione nel merito, che vanificano la loro portata. Dunque, le polizze (e le compagnie che esercitano il ramo) non sono tutte uguali, e non credo che il consumatore, da solo, possa comprenderlo. Non lo ha capito nell’Rc auto, tanto è vero che si è arrivati a un comparatore… figuriamoci in un ramo tecnico..

Grasso. La nostra rete di vendita ha un ruolo fondamentale. Negli anni passati esisteva la possibilità di acquistare direttamente on line, attraverso il nostro sito. Ma questa modalità non si è rivelata una scelta vincente, sia per gli ingenti investimenti che sarebbero stati necessari a livello di comunicazione per promuovere questo tipo di canale, sia perché il rischio di “incappare” nell’anti-selezione è molto elevato. L’esperienza ci ha dimostrato quanto la figura dell’intermediario sia indispensabile nella delicata fase di vendita: per una migliore selezione del rischio e per garantire al cliente una proposta personalizzata, sulla base delle esigenze specifiche. Per quanto riguarda la bancassicurazione, ritengo invece che sia un valido sistema di distribuzione, che stiamo sviluppando, per un approccio più incisivo verso il mass market.

D. Pensa che il sistema distributivo debba evolversi?

Andreta. Indubbiamente. Le compagnie di tutela legale gestiscono reti distributive estremamente numerose, anche 800-1.000 intermediari, applicando un modello tradizionale. Questo comporta costi elevati di gestione del ramo, per le compagnie e per gli intermediari. Un mercato con marginalità in riduzione può mettere in crisi questo modello, che può essere reso più efficiente attraverso la tecnologia, nell’interesse di compagnie, intermediari e clienti. È un percorso che noi stiamo accelerando e che credo che tutto il mercato abbia ben presente come area di sviluppo. Un altro tema, del quale si parla ancora troppo poco nel nostro mercato, è quello dell’utilizzo di modelli attuariali per il controllo del costo ultimo dei sinistri, fondamentali per una crescita sana del ramo, anche perché incidono sulla corretta definizione del pricing e sulla sostenibilità tecnica del portafoglio. Non è un caso che questo sia uno dei temi chiave in Solvency 2.

Pipitone. Noi lavoriamo più che altro con i broker, ma ci capita di avere rapporti direttamente con le aziende. Molti clienti non sanno che esistono polizze che coprono le spese legali. Ma - peggio ancora - molti intermediari non conoscono il ramo oppure sono al corrente della sua esistenza, ma dicono che alla fine non serve, perché confondono le polizze di tutela legale con quelle delle Rc. E questo, purtroppo, è un ragionamento che fanno sia i broker, sia gli agenti. Sono convinto che noi compagnie abbiamo una forte responsabilità di questa situazione. Pertanto dobbiamo continuare a investire nell’informazione sui rischi legali. In questa ottica organizziamo già dal 2004 nostri workshop sull’attività imprenditoriale e i rischi legali connessi, che sono ormai un appuntamento fisso per i broker e gli agenti specializzati. Ricordiamoci che quello legale costituisce per la persona colpita uno dei rischi peggiori. Per questo motivo, dovrebbe essere ai primi posti nella consulenza sui rischi e la loro assicurabilità.

Grava. Certamente, il mercato distributivo è in evoluzione. E lo sarà ancora di più in futuro, visto che ci sono studi che stimano una riduzione del numero di agenti, nei prossimi anni, nell’ordine di migliaia. Nonostante questa tendenza, credo che non sia ancora giunto il momento di comunicare direttamente al consumatore finale. Quest’ultimo, nella migliore delle ipotesi, ha percezione di un bisogno che però non è assolutamente in grado di decodificare e interpretare in maniera corretta. Non è in grado, per esempio, di rendersi conto se quello in cui è incappato è un prodotto valido o no.

Grasso. Oggi, il sistema distributivo tradizionale gestisce l’80% del mercato dei danni non auto e la tutela legale è ancora un prodotto di offerta, non di domanda. Das negli anni ha investito molto sulla formazione alla rete e incentivato la vendita, tuttavia ritengo che in questo momento gli agenti debbano rivedere il loro modo di stare sul mercato, concentrandosi su business più redditizi. In futuro dovranno conquistarsi il mercato proponendo nuove soluzioni assicurative e servizi innovativi, per differenziare la propria offerta da quella dei competitor. Come? Das, per esempio, ha lanciato da qualche giorno un prodotto da 30 euro per il mass market, che si chiama Difesa in linea. Ci attendiamo molto da questa iniziativa. E dai nostri agenti.

D. Parliamo di conflitto di interessi. Il principio fondamentale alla base della disciplina del ramo, come ha evidenziato anche l’Ania, è quello di «evitare ogni possibile conflitto di interessi che possa nascere tra imprese e assicurati e anche tra imprese stesse (specializzate e generaliste), quando questo rapporto possa incidere sfavorevolmente sugli interessi dell’assicurato». Quali sono i rischi del modello di business di chi fa diretto e indiretto?

Andreta. Distinguerei fra il tema della “segregazione” della gestione dei sinistri di tutela legale, anch’esso regolamentato dal nuovo codice delle assicurazioni e il modello di business caratterizzato da diretto e indiretto, che mi pare essere oggetto della domanda. Anche su questo punto i potenziali conflitti di interesse sono regolati e annullati. Per prima cosa ricordo che, come altri, gestiamo i sinistri delle compagnie partner proprio in forza di quanto stabilito dall’articolo 164 del codice delle assicurazioni. Il modello diretto/indiretto non crea conflitto di interessi, perché i sinistri sono gestiti da avvocati esterni e indipendenti, che operano in piena autonomia e nel rispetto della deontologia professionale. Ciò vale anche per gli avvocati che fanno parte del network, ai quali la compagnia si riserva di affidare una parte dei sinistri (oggi circa il 25%) esclusivamente nella fase stragiudiziale, così come previsto dalla direttiva 87/344 Ce, art. 4.1 lettera a. Inoltre, come previsto dall’articolo 174 (e sarebbe contrario al nostro interesse comportarci diversamente), in caso di conflitto di interessi lasciamo sempre e comunque piena libertà di scelta. La legge 247/2012, la cosiddetta riforma forense, non ha modificato il quadro, come confermato dalla stessa Ania.

D. Ma non c’è il rischio che un assicurato che abbia due polizze, con una compagnia generalista e specializzata, in caso di sinistro veda mettersi d’accordo le due parti perdendo qualcosa?

Andreta. Assolutamente no. Il legale che gestisce il caso è un professionista indipendente. E poi sarebbe contrario agli interessi stessi della compagnia di tutela legale che perderebbe credibilità e in ogni caso, nell’ipotesi di conflitto di interessi, questo viene dichiarato e lasciata piena libertà all’assicurato come previsto dalle norme.

D. L’articolo 174 del codice delle assicurazioni dice che deve essere riconosciuta la piena libertà dell’assicurato di scegliere un professionista. La tendenza però di alcune compagnie è quella di indirizzare sempre il cliente verso un proprio fiduciario...

Andreta. L’articolo in questione sancisce la libertà di scelta in caso di fase giudiziale, cioè di potenziale conflitto di interessi, mentre lascia alla compagnia la possibilità di veicolare il sinistro in fase stragiudiziale. Noi aderiamo perfettamente a quanto prescritto, lasciando la totale libertà di scelta sia in fase giudiziale, sia in caso di potenziale conflitto di interessi. Aggiungo che i legali del nostro network, circa 400, sono professionisti del tutto indipendenti dalla compagnia e selezionati in base agli standard di professionalità e che solo una parte dei nostri sinistri a oggi è veicolata al network.

Grasso. Sono d’accordo con Andreta. Qualcuno può leggere i network come un modo per stringere accordi con gli avvocati in senso lato, ma non è così. Nel nostro caso abbiamo un sistema di rating di selezione sugli avvocati e di monitoraggio sulle performance che è significativo. Se un avvocato non è linea con i nostri parametri, è fuori. Questo è un modo per certificare che il legale che segue il cliente è prima di tutto uno specialista. Spesso, invece, il cliente si affida a un avvocato generalista e ciò rappresenta un problema. Quindi il network, nel nostro caso costituito da circa 550 avvocati, è un valore anche per il cliente, che comunque per la fase giudiziale è libero di scegliere. In Das, l’80% dei clienti che si sono avvalsi dell’avvocato proposto dalla compagnia per la fase stragiudiziale ha confermato la scelta anche in sede giudiziale.

D. C’è per esempio chi opera anche senza network…

Gilardi. Uca opera sul mercato in modo diverso rispetto ad Arag e Das. Noi non abbiamo, per scelta e in aderenza al disposto della normativa vigente, un network di avvocati fiduciari di compagnia, bensì garantiamo la libera scelta nell’ambito del distretto di corte d’appello dei professionisti di fiducia dell’assicurato. Inoltre, come è noto, siamo totalmente indipendenti e le nostre polizze da anni prevedono la libertà di scelta sin dalla fase stragiudiziale. La decisione da parte di altre compagnie di tutela legale di affidare e riservare la gestione del sinistro a un network, limitando in questo modo la libertà di scelta dell’assicurato, è messa in discussione anche dall’ultima riforma forense. Tutta la normativa di settore a partire da quella comunitaria per arrivare alla legge 247/2012 è chiara: l’attività stragiudiziale che è connessa all’attività processuale, è riservata agli avvocati che devono essere liberamente scelti. Questa riforma ha cambiato, secondo me, qualitativamente e anche in modo rilevante le modalità e i limiti in cui la compagnia di tutela legale può operare in questa fase; ovviamente, dare applicazione alla normativa comporta una piccola grande rivoluzione e un aumento di costi legali.

Grava. A mio avviso, l’articolo 174 del codice delle assicurazioni non traccia un impianto normativo molto rigoroso da questo punto di vista. Il fatto che lei sollevi la domanda sulla circostanza che possano esistere o meno conflitti di interesse, in qualche misura fa capire che, comunque lo si intenda, il modo di tradurre i principi della direttiva 87/344/Cee nell’ordinamento italiano non sia probabilmente l’esempio più cristallino, almeno dal punto di vista dottrinario. Oggi, una compagnia multiramo che non fa riferimento a una compagnia terza, ma sceglie una delle altre due opzioni (e quindi affianca la garanzia di tutela legale alla garanzia Rc auto, attuando semplicemente la segregazione della gestione dei sinistri e affidando la pratica della tutela legale a un liquidatore distinto da quello di Rc) fa esattamente quello che la legge prevede. Detto questo, viene da chiedersi se l’attività di gestione di tutela legale fatta in questo modo da una compagnia (perfettamente coerente con la legge) attui una gestione virtuosa, sotto il profilo della qualità del servizio. Quindi, l’articolo 174, secondo me, presenta qualche problema. Una situazione in cui una compagnia vende una polizza multigaranzia sulla circolazione stradale, dà la Rc obbligatoria e la tutela, e la gestisce direttamente, secondo me non è virtuosa dal punto di vista sostanziale, per quanto comunque sia un caso assolutamente lecito.

Pipitone. Io vedo il conflitto di interessi in modo diverso. In caso di sottoscrizione di polizza Rct e Rc professionale, la compagnia che fa la Rc non può essere la stessa che gestisce la tutela legale. Questo secondo me è il vero conflitto. Viene da chiedersi: mi affido a una struttura che lo fa anche come ramo accessorio o a una compagnia che vive di questo, e quindi mette a disposizione una struttura preposta a gestire i rischi legali? È questo, secondo me, il vero conflitto che può esistere fra una compagnia generalista e una specializzata nella tutela legale. Io lancerei questo messaggio: affidarsi a una compagnia specializzata perché ha gli strumenti idonei per assistere i clienti nella salvaguardia dei loro diritti.

D. Quanti clienti, in percentuale, incanalate presso il vostro network?

Andreta. In Arag, oggi, circa il 25% dei nuovi sinistri viene veicolato sul network, con un’incidenza di circa il 20% complessivo sui sinistri aperti.

Grasso. In Das, la percentuale dei sinistri gestiti dal network è superiore al 30%. Un altro 30% dei casi assicurativi denunciati viene gestito internamente da uffici specializzati. Nel 2009 abbiamo lanciato un progetto finalizzato alla trattazione interna dei casi di recupero crediti, che ci ha consentito di recuperare oltre 10 milioni di euro per i nostri clienti. Abbiamo così ridotto i tempi di gestione di questa tipologia di controversie e più che raddoppiato il tasso di recupero dei capitali.

D. Concentriamoci sui prossimi obiettivi. Quali sono i progetti in ballo e su cosa punterete?

Pipitone. Non possiamo riposarci sugli allori di ieri anche perché niente è così effimero come il successo di ieri. Perciò dobbiamo continuare a fare una serie di cose: trovare le risposte giuste anche nell’attuale scenario economico, superare le aspettative dei nostri partner, studiare le modifiche legislative, estrapolare i rischi che ci sono dentro o dietro queste norme, verificare se i nostri prodotti sono le risposte giuste ai rischi che corrono le imprese, i manager, gli enti pubblici e i professionisti, cercare la perfezione. Vorrei chiudere con un aforisma: «È meglio disperare nella ricerca della perfezione, che morire nella mediocrità».

Grasso. Das si concentrerà sulla rete tradizionale (costituita da 1.350 intermediari, di cui 950 agenti e 400 broker), anche se stiamo lavorando su un approccio multichannel e nel 2014 lanceremo alcune iniziative in ambito bancario. Con il Banco popolare, attraverso Avipop, abbiamo creato un prodotto dedicato ai professionisti. Si tratta di uno dei primi prodotti stand alone che parte su una rete bancaria. Credo che sia importante sondare anche canali e modalità di vendita nuovi, perché il cliente oggi non si limita più alla classica visita in agenzia, ma cerca delle alternative. Come agire per rispondere a questa evoluzione della domanda? Mettendo i nostri agenti nelle condizioni di superare gli ostacoli derivanti dall’attuale sistema distributivo, fornendo loro nuovi strumenti di vendita e applicativi che permettano di ridurre al minimo gli impatti gestionali. Se vogliamo dare agli agenti delle opportunità dobbiamo dire addio alla carta, eliminando completamente ogni barriera. Focalizzeremo l’attenzione anche sull’innovazione di prodotto e di servizio: esiste un progetto internazionale di Das che punta su un centro di competenza legale. Che non vuol dire solamente dare servizi in una logica before the event, ma anche after the event. Infine, con la società di servizi Das legal services, continueremo a sviluppare il progetto dedicato alla tutela del ciclo di vita del credito, dalle informazioni commerciali in via preventiva all’attività stragiudiziale di recupero dei crediti insoluti.

Grava. Tutela Legale spa è una compagnia giovane: è logico che il nostro obiettivo sia quello di crescere ulteriormente. Solo adesso cominciamo a uscire dalla fase, diciamo così, pionieristica. Ci concentreremo su due principali direttrici: il fronte interno, perché dobbiamo fare evolvere la struttura e l’organizzazione per dar seguito alle dimensioni che sono diverse, dal punto di vista economico e dei flussi, da quelle che avevamo all’inizio della nostra attività. L’altro fronte è quello indirizzato al mercato: vogliamo crescere sia in termini di raccolta, sia di dimensionamento della rete, cercando di attrarre soprattutto intermediari che ancora non hanno una cultura di tutela legale e conoscenze specifiche. La nostra è una compagnia indipendente, significa che le linee della crescita devono far leva essenzialmente sulla capacità che derivano dalla gestione aziendale. Il reclutamento degli intermediari (oggi sono circa 200), che avverrà in forma progressiva, non sarà massivo e sarà molto selettivo. Per intenderci, il collezionista di mandati non ci interessa.

Gilardi. Uca continuerà a privilegiare gli intermediari, che rappresentano il canale preferenziale di vendita della compagnia. Certamente non precludiamo collaborazioni con canali diversi, come per esempio le banche. La parola d’ordine di Uca in questo momento è il consolidamento attraverso il rafforzamento e l’aggiornamento in ambito finanziario (abbiamo recentemente acquistato la nuova sede nello storico piano nobile del seicentesco Palazzo Villa nel cuore di Torino), informatico (con la recente messa a punto di un agile strumento di cross selling) e assicurativo in senso stretto (con la revisione prodotti dell’intera gamma). Crescere consolidando investimenti e aspetti qualitativi importanti significa maggiore credibilità nel mercato. Alla base dei nostri progetti c’è la rete (composta oggi da circa un migliaio di intermediari), che è per noi una componente fondamentale. Per questa ragione, la nostra compagnia continuerà a erogare formazione con l’obiettivo di dare maggiore consapevolezza: vogliamo che, oltre alla competenza sull’offerta, cresca anche la capacità di selezione del rischio. Incentiviamo e premiamo gli intermediari più meritevoli, quelli con i quali abbiamo identità di vision, obiettivi e intenti, in una parola, “imprenditori di se stessi”. Novità anche nell’informatica: un portale web dedicato a emissione e gestione del portafoglio on line in archiviazione ottica e un progetto di cross selling per velocizzare i processi di acquisizione anche in tentata vendita. Per quanto riguarda i prodotti, infine, anche quest’anno abbiamo effettuato una operazione di restyling sull’intera gamma, di cui l’ultimo è TutelAffitto Inquilino, e usciremo con il prodotto nuovo Uca Tutela, che declineremo nei vari rischi.

Andreta. Arag è oggi un gruppo totalmente indipendente, a capitale familiare e non quotato. Alla fine del 2011 ci siamo trasformati in società europea, la forma giuridica ideale per un gruppo presente in 14 paesi nel nostro continente (e negli Usa). La compagnia è cresciuta in questi ultimi tre anni, passando da 75 milioni a 95 milioni di euro di raccolta e conseguendo una buona redditività. Il mix di portafoglio è costituito per il 65% da lavoro indiretto e per il 35% da lavoro diretto. L’asse portante della nostra distribuzione diretta è costituito da 530 agenti e quasi altrettanti rapporti di collaborazione con broker. Nel corso del 2010-2011 abbiamo riorganizzato la nostra rete, focalizzandoci sugli intermediari migliori e con elevato potenziale. Stiamo lavorando per sviluppare più servizi web per consentire ai piccoli intermediari di qualità di lavorare con noi in maniera più efficiente e riducendo i loro costi interni. Inoltre, stiamo investendo nello sviluppo di nuovi prodotti.

Siamo anche interessati al potenziale di crescita dei gruppi di affinità, attraverso una piattaforma dedicata, e della bancassicurazione. Continuo controllo delle riserve a costo ultimo, affinamento delle capacità di selezione del portafoglio e modelli di tariffazione tecnica completano il nostro quadro strategico di riferimento.

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