La7 prende il volo. A meno di colpi di scena dell'ultima ora, l'emittente televisiva controllata dalla Telecom sarà ceduta (con essa, e per qualche mese, anche chi scrive). Giovedì il consiglio di amministrazione della mamma, cioè Telecom, per davvero non è riuscita ad analizzare a fondo le due diverse proposte che sono giunte in azienda. Ma è ormai evidente che gli azionisti che contano in Telecom, e cioè Mediobanca e Intesa Sanpaolo, non ne vogliono più sapere di tenersi «La Sette».
Hanno un buon motivo contabile: e cioè i circa dieci milioni di cassa che la società brucia ogni mese. E un ulteriore motivazione gestionale: «Non possiamo passare le ore - dice un azionista - a discutere dei problemi di una società che a livello consolidato vale poco o nulla. È ragionevole spaccare il capello su un centesimo in più o in meno nelle tariffe, ma anche un solo minuto per TiMedia è tempo perso».
Ma la ragione è diversa e più sottile: gli azionisti non hanno alcuna voglia di lasciare in mano al management della Telecom, quello di oggi o quello che sarà, un giocattolino che potrebbe avere un certo peso politico. Il punto, infatti, non è tanto esercitarlo (il peso politico, intendo), ma averlo a disposizione.
Ieri Repubblica rilanciava l'ipotesi di un possibile interessamento di Diego della Valle. Se ne è parlato anche nei mesi scorsi. E gli advisor all'inizio della partita gli hanno fatto vedere il dossier. Ma nessuno crede che l'imprenditore oggi possa rientrare; a maggior ragione se il motivo per farlo è migliorare le offerte già fatte di Cairo e del fondo Clessidra. Sul tappeto, di concreto, ci sono solo loro due. E, secondo i tam tam degli azionisti, in pole position ci sarebbe proprio il fondo di private equity guidato da Sposito.
A differenza di Cairo, che vorrebbe acquisire solo le televisioni (La7 e il 49% Mtv), come ormai sanno anche i muri, il fondo Clessidra (ritornato a ragionare con Bassetti) comprerebbe anche le cosiddette «frequenze». Che sono l'unica parte della società che fa soldi. Alla fine del 2012 dovrebbe chiudere il bilancio con un margine operativo vicino ai 50 milioni di euro.
Sono circa una ventina di frequenze (e cioè tre multiplex) che sono già ben affittate a tutti gli operatori: da La7, ovviamente, a Mediaset a Discovery. I loro canoni vanno dai 2,5 milioni l'anno ai sei per quelle che garantiscono una maggiore illuminazione. Nella società ci lavorano una cinquantina di persone: come dire un milione di utile lordo a testa, non male. Soprattutto se confrontato con l'andamento della tv.
Quelle che vi abbiamo mal sintetizzato, sono solo alcune delle considerazioni che fanno dalle parti di Clessidra. Insomma è evidente che l'entrata del fondo rappresenterebbe una rivoluzione, non solo manageriale, ma anche culturale, per l'emittente televisiva. Nessuno e tanto meno un fondo di private equity può permettersi ogni mese una decina di milioni di cassa bruciata.
L'idea, dunque, è quella di rivoluzionare completamente la società televisiva. E puntare, anche se i contratti in essere lo rendono quasi impossibile, a trasformare alcune delle frequenze televisive (che arrivano fino alla 60, dunque alla soglia di quelle cellulari) in telefoniche. Fanta-tlc? C'è chi spera che alcune regole possano cambiare. Ma insomma su queste non si possono certe basare business plan credibili.
Dunque, per farla breve: tutto aggiornato al prossimo consiglio del 18 febbraio. Con l'incognita (o il ballon d'essai) di Della Valle e l'ipotesi che Cairo, il secondo contendente, riesca a migliorare la sua offerta.
Quella di Sposito è la più completa, ma in fondo a Telecom e ai suoi azionisti basterebbe sbarazzarsi della tivù: le frequenze le terrebbero volentieri. Ecco perché le due offerte, fino all'ultimo, resteranno a galla. E come dice un azionista: «Visti i risultati del gruppo, sono entrambe interessanti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.