
La nostra tv si è polverizzata. E non intesa come quella fisica, che al Mobile World Congress di Barcellona conferma la sua espansione verso dimensioni (anche di salotti) una volta impensabili, ma nei contenuti di cui usufruiamo tutti i giorni. Abbiamo abbonamenti su abbonamenti che ci riempiono di film, spettacoli, sport e quant’altro, ma spesso non sappiamo cosa decidere alla fine quando è il momento di fare una scelta. Così, la parola d’ordine è aggregare.
Fin qui han cominciato le Big Tech, Google e Amazon in testa, a fare selezione da offrire sulle loro piattaforme. Ma adesso il passaggio obbligato è democratizzare, ma – soprattutto – far monetizzare chi li offre, soprattutto quando non sono in grado di farcela da solo. La scommessa si vede allo stand di Rakuten, uno dei player meglio conosciuti sulle Smart tv delle nostre case. Da 15 anni attiva in Europa come offerta in streaming, non è un servizio in abbonamento e offre film e altro con pubblicità. Adesso ha aperto un nuovo servizio chiamato Rakuten Tv Enterprise Services che dà la possibilità ai creator professionali di accedere alla sua tecnologia per aprire nuovi canali di trasmissione: “La gente è un po’ stufa di pagare per poi magari non vedere – spiega il CEO Cédric Dufour -, una tendenza che soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Europa, ha portato molte persone ha chiudere i loro abbonamenti. L’evoluzione del mercato è che nessuno vuole avere impegni, ma spendere soldi quando e quanto vuole”.
Per questo la tendenza è creare appunto aggregatori, nei quali offrire programmi che arrivano da diverse fonti e lasciare poi all’utente la scelta finale. In questo caso però non tutti possono farcela, ed è per questo che la formula Rakuten è quella di aiutare per dividere, in questo caso i ricavi che questa formula produce: “Per esempio: riguardo alla pubblicità noi vediamo che questa viene accettata molto meglio fa chi usufruisce dello streaming – spiega Dofour -, e questo perché è molto più mirata sugli interessi dell’utente. Il problema appunto è costruire il canale giusto e per questo noi offriamo principalmente tre cose: Il nostro vasto catalogo di contenuti che mandiamo in onda, il nostro archivio che viene gestito da un team apposta e la tecnologia. Non solo per quanto riguarda la Tv ma anche app per altri dispositivi. L’utente ormai vuole qualcosa che gli permette di accedere quando e dove vuole, decidendo appunto se vuole investire denaro o meno”.
È dunque la tv sempre più personalizzata, lontano da quella generalista che bisogna subire più che vivere. Anche se, spiegano a Rakuten, anche le emittenti tradizionali hanno la loro importanza: “Da loro possiamo accedere a un sacco di contenuti a cui dare nuova vita. Sono essenziali per il nostro obbiettivo”. Insomma: basta zapping tra piattaforme, che si voglia un film di successo che arriva dal grande schermo e accedere alle news sullo smartphone, la soluzione per lo spettatore dev’essere facile e immediata. Per questo il servizio aiuta i grandi, ma anche i piccoli che non hanno la possibilità di sviluppare i propri canali. E, da Barcellona, anche le Telco, ovvero gli operatori telefonici che stanno inserendo anche i servizi streaming nella loro offerta: “In Spagna ha cominciato Orange, ma siamo già in contatto con altre realtà”.
E i content creator? Ci sarà un futuro anche per loro, magari, ma – come spiega ancora Dofour – “resta che la parola d’ordine sia qualità: l’utente tv ormai non accetta più contenuti senza appeal, per cui se decideremo di aprire anche a clienti
più consumer non derogheremo comunque dall’obbiettivo di offrire programmi di livello”. D’altronde, si diceva una volta, dividi et impera. E se vincerà appunto la qualità, quello della nuova Tv sarà un impero illuminato.
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