Epifani, il mister no che si ritrova

Epifani, il mister no che si ritrova

RomaChi l’avrebbe mai detto? In linea del tutto teorica sarebbe ufficialmente giunto alla fine della sua segreteria, di fatto pronto a candidarsi alle prossime europee - a giugno - e a lasciare il posto alla sua erede designata, Susanna Camusso. Ma in pratica nulla è più così certo. L’unica cosa acclarata è che Guglielmo «Harrison Ford» Epifani, che fino a ieri era per tutti l’erede moderato di Sergio Cofferati alla guida della Cgil, sta vivendo una nuova stagione politica e tiene fermo il timone scommettendo sulla manifestazione e lo sciopero generale del 12 dicembre contro il governo Berlusconi, che lui vorrebbe trasformare in una prova di forza della Cgil, per rompere l’isolamento in cui sembra essere stretta in queste ore.
Così davvero nulla è più così certo. Il numero uno della Cgil aveva detto pochi giorni fa a Mattino 5: «Lascerò entro la fine del mandato». Invece il ricambio alla segreteria viene procrastinato, la candidatura è incerta, il vecchio profilo moderato sembra essere finito in soffitta. E chi l’avrebbe mai detto che Guglielmo Epifani sarebbe diventato un giorno l’ultima bandiera dell’orgoglio diessino in via di estinzione, il bene rifugio dei progressisti scontenti del Pd, che adesso si autoconvocano il 12 per contarsi in piazza.
Nel Partito democratico non tutti sono entusiasti. C’è persino chi, come l’ex confindustriale Massimo Calearo grida platealmente ai quattro venti: «In piazza non ci sarò». C’è l’ala ex Margherita, tiepidissima, a partire da Dario Franceschini ed Enrico Letta che prende cautamente le distanze (lo aveva già fatto nella trattativa Cai). Il colloquio tra i due, che doveva portare a un maggiore coinvolgimento del ministro ombra del Pd, non ha sortito risultati. Ancora ieri Letta si distanziava dalla richiesta di adesione all’appuntamento del 12: «Quella convocazione - diceva ai microfoni di Sky Tg24 - sarà un’occasione in più per dimostrare la distinzione di ruoli fra sindacati e partiti. I sindacati fanno mobilitazione, proclamano scioperi, firmano contratti. I partiti fanno politica: che è un’altra cosa». Insomma, niente a che vedere. Ci sarà (era ovvio) Rosy Bindi. E ci saranno anche Livia Turco e Piero Fassino. Ma Goffredo Bettini è stato enigmatico («Bisogna rispettare una grande organizzazione che mette in piazza milioni di lavoratori») e nessuno ha ancora capito dove sarà Walter Veltroni il giorno del corteo.
Per non dire degli altri confederali (un tempo graniticamente solidali) e che oggi lo accusano di massimalismo. Per non dire dell’ultimo imprevedibile sostenitore acquisito da Epifani, il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero che invece lo incensa pubblicamente. Osserva infatti il leader di Rifondazione: «La Cgil è sotto attacco perché è il punto vero di opposizione efficace in Italia». Non solo: «Epifani in questo senso è sotto attacco, perché in questo modo indica concretamente la strada dell’alternativa». Di più: «L’opposizione parlamentare non fa il suo mestiere di opposizione, noi siamo molto deboli e la Cgil è la vera forza che può obbligare il governo a cambiare politica». Insomma, secondo Ferrero, quello che Rifondazione non riesce a fare, lo fa il sindacatone di Corso Italia. La cosa certa, per ora, è che anche ieri Epifani non ha fatto mancare la sua voce critica sul governo, con una netta presa di distanze dal pacchetto anticrisi appena varato. Al leader della Cgil non piace proprio per nulla. E infatti ha ribadito la sua linea di opposizione in un’intervista a La Repubblica: «Non segna una svolta e non risolve le difficoltà delle famiglie, dei pensionati, dei lavoratori e di chi perderà il posto». Spiega Epifani: «Non sono interventi strutturali ma una tantum. Questo non ricreerà la fiducia. E gli effetti sulla domanda di consumi saranno scarsi, quindi non ridurrà gli effetti della crisi». Infine la conferma della manifestazione del 12 dicembre: «Riuniremo la segreteria lunedì per un’analisi approfondita - aggiunge - se, come credo, emergerà che è mancata una svolta, confermeremo la nostra lotta per spingere il governo a scelte più decise».
E così Fabrizio Cicchitto capogruppo del Pdl alla Camera attacca: «La conferma dello sciopero generale da parte della Cgil dimostra che l’unità sindacale non era stata rotta da una presunta cena, come in modo grottesco hanno sostenuto Epifani e Veltroni, ma da una scelta consapevole della Cgil e di Epifani che hanno deciso di collocarsi vicino al Pd su una linea di opposizione pregiudiziale».

Ancora più duro Daniele Capezzone, portavoce azzurro: «Il governo ha mostrato, con questa manovra, concretezza e contatto con la realtà, varando misure efficaci e positive per le famiglie e le imprese. Dinnanzi a questo, è irresponsabile la scelta della Cgil, lo sciopero è lunare».

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