Ahmadinejad cancellato dal partito degli ayatollah

Iran al voto: dominano gli integralisti di Khamenei. Umiliata la sorella del presidente. È la fine di un rivoluzionario

Ahmadinejad cancellato  dal partito degli ayatollah

Se per elezioni intendete libera scelta, candidati indipendenti, equo conteggio di voti ed affluenze cambiate articolo. In Iran la pratica è passata di moda da tempo. Ma se per elezione intendete la capacità di un regime di dimostrare determinazione, efficienza ed organizzazione allora la Suprema Guida Alì Khamenei e i suoi fedelissimi godono di ottima salute. Il voto di venerdì, la chiamata alle urne di 48 milioni di iraniani chiamati a rieleggere i 290 membri del Majlees, il parlamento di Teheran, non puntava certo ad assecondare le aspettative occidentali. Chi non crede nel regime non aveva alcuna possibilità. I candidati dell’Onda Verde, il movimento riformista che nel 2009 sfidò il potere, contestò la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad e definì «dittatore» Alì Khamenei erano già sistemati. Mir Hossein Mousavi and Mehdi Karroubi, i due capi dell’opposizione sono agli arresti dal febbraio 2011. I loro amici ancora in libertà, invece, sono stati estromessi dalle liste grazie alle cernite preventive del Consiglio dei Guardiani, l’organismo costituzionale chiamato a valutare l’aderenza dei candidati ai valori della Rivoluzione Islamica.
Khamenei e i suoi alleati dovevano sistemare, però, due questioni non marginali. Dovevano ribadire la legittimità del regime e togliersi dai piedi quello sprovveduto ed irriconoscente di Mahmoud Ahmadinejad, un presidente illusosi di poter sfidare gli stessi poteri a cui doveva due improbabili successi elettorali e due mandati consecutivi. L’operazione fin qui è un capolavoro. Venerdì i pochi giornalisti stranieri presenti vengono accompagnati a visitare seggi stracolmi. E in serata la televisione annuncia 4 ore di proroga nella chiusura dei seggi per dar a tutti la possibilità di esaudire la volontà di una Suprema Guida che paragona il voto alla preghiere del buon musulmano e invita a trasformarlo in un «messaggio ai nemici della Repubblica Islamica».
Risultato un magico 64 per cento di affluenza dichiarata, superiore del 9 per cento a quella raggiunta alle parlamentari del 2008. «Uno schiaffo in faccia ad americani e sionisti e a tutti gli altri nemici» proclama immediatamente il ministro dell’interno Mostafà Mohammad Najjar . Come dire siamo in ottima salute e queste elezioni confermano la nostra legittimità. Alla faccia di quanti nel 2009 scesero in piazza e ci chiamarono dittatori. Alla faccia del premier israeliano Benjamin Netanyahu che domani va a trovare Obama per chiedergli il permesso di bombardarci. Alla faccia dell’America e dell’Europa convinte di poterci ridurci in miseria e toglierci l’appoggio popolare con l’arma delle sanzioni.
Anche la distruzione di Mahmoud Ahmadinejad, la sua trasformazione in innocuo ed irrilevante cadavere politico, sembra pienamente conseguita. I candidati al Majlees fedeli alla Suprema Guida dovrebbero aver già guadagnato la quota del 50 per cento. Quelli di Ahmadinejad dovranno dividersi la restante metà con una pattuglia di centristi e indipendenti sicuramente più disponibili ad appoggiare i poter forti che non ad allinearsi con un presidente in disgrazia.
E alla sconfitta s’aggiunge la sferzante umiliazione. Parvin Ahmadinejad, la sorellina più giovane del presidente, candidata al Parlamento nella città natale di Garmsar, si ritrova graziosamente trombata. Il signor Gholam Ali Haddad Adel, un Carneade famoso soltanto per aver dato la figlia in moglie al primogenito di Alì Khamenei, guida invece i risultati della circoscrizione di Teheran.

Alì Larijani, l’ex negoziatore nucleare umiliato e costretto alla dimissioni dal presidente conquista invece la vittoria nella città santa di Qom. Sferzate dolorose inferte per indicare al presidente che sognava di farsi re il deferente e silenzioso percorso da imboccare durante i 18 restanti mesi di solitario e inutile mandato.

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