Tre donne segregate per trent'anni. Una vita intera. L'incubo prende di nuovo forma e si materializza a a Londra. Scotland Yard ha liberato lo scorso mese, ma la notizia è stata diffusa soltanto oggi, tre donne. Donne ridotte in schiavitù, escluse dal mondo, dai contatti e dalla vita sociale. Murate vive in un appartamento da una coppia di anziani, entrambi di sessantasette anni. Una casa lager, un'abitazione diventata tomba nel sud di Londra, a pochi chilometri dalle vetrine rutilanti e dagli uffici scintillanti della City.
Tre donne: una malese di 69 anni, una irlandese di 57 e una britannica di 30. Trenta come gli anni della prigionia. Una vita intera blindata in un appartamento da due carcerieri che solo ora sono finiti in manette. Un schiavitù domestica, una barbarie che si nasconde dietro le porte insospettabili del cuore dell'Occidente. "Tutte e tre le donne, che sono fortemente traumatizzate, sono state portate in un luogo sicuro dove resteranno", hanno spiegato ai cronisti le forze dell'ordine. Un incubo che è stato interrotto dallo squillo di un telefono. Una richiesta di aiuto arrivata a un gruppo di beneficenza, il Freedom Charity che ha subito allertato la polizia: c'è una donna chiusa in casa da trent'anni, contro la sua volontà.
Eppure questo caso di cronaca, impastato con la materia con cui si cortruisconi le storie dell'orrore, non è isolato e ricorda da vicino almeno altre storie di segregazione che negli utlimi anni hanno scosso il mondo. Il caso ricorda infatti quello dei fratelli Castro a Cleveland, dove ad agosto altre tre donne ed una bambina (frutto delle violenze sessuali) furono salvate dopo 30 anni di prigionia, quelli in Austria di Natascha Kampusch del 2006 dopo essere stata rapita a 10 anni di età da un vicino Wolfgang Priklopil, che la tenne prigioniera per 8 anni e di Josef 538em;">Fritzl condannato all’ergastolo nel 2009 per aver segregato la figlia in casa per 24 anni e aver generato con lei sette bambini.
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