La Corea che fa tremare il mondo non sa lanciare in aria un missile

La Corea che fa tremare il mondo non sa lanciare in aria un missile

Era un missile, ma doveva diventare il monolite del regno rosso di Pyongyang. Doveva celebrare i cent'anni della nascita di Kim Il Sung, il fondatore del comunismo nordcoreano e della sua dinastia. Doveva regalare fama e prestigio a Kim Jong Un, l'imperscrutabile rampollo 29enne salito al potere dopo la scomparsa del «caro leader» papà Kim Jong Il. In meno di tre minuti il monolite epocale s'è, invece, trasformato in un fiasco colossale. L'Unha 3, il missile-orgoglio destinato a mettere in orbita il primo satellite nord coreano s'è disintegrato 90 secondi dopo il lancio lasciandosi dietro una pioggia di frammenti e scintille.
I precedenti, del resto, non erano incoraggianti. I predecessori dell'Unha 3 lanciati nel 1998, nel 2006 e nel 2009 da papà Kim Jong Il erano tutti esplosi in volo, senza mai entrare in orbita. Dunque chi ha suggerito al Kim «numero 3» di utilizzare un così aleatorio strumento di propaganda? Qualcuno che gli vuol male? O un temerario drappello di generali e scienziati già pronti per il plotone d'esecuzione? Comunque sia quel missile burla faceva paura. Nei giorni precedenti al lancio - mentre Pyongyang permetteva per la prima volta alla stampa internazionale di visitare il poligono missilistico di Sohae, il mondo circostante sembrava sull'orlo d'una crisi di nervi. Il Giappone schierava i missili Patriot, le Filippine bloccavano il traffico aereo, Washington metteva in allerta la flotta del Pacifico e i più moderni sistemi d'intercettazione. Alla fine, però, i gerarchi di Pyongyang scontano un insuccesso ancor peggiore del 2009. I 4000 e passa chilometri del vettore d'allora accesero illusioni e paure.
Oggi il balzo da tre minuti scarsi dell'Unha 3 rischia di passar alla storia come uno dei fallimenti più costosi nella storia del paese. Secondo l'intelligence occidentale quei 90 secondi di delusione costano al regime almeno 500 milioni di euro. Un prezzo da capogiro per un Paese che un anno fa si dibatteva nelle spire dell'ennesima ciclica carestia. Una follia per un regime costretto nell'aprile 2011 ad implorare l'intervento del «Programma alimentare mondiale» per evitare un disastro simile a quello degli anni Novanta quando fame e privazioni sterminarono tre dei 22 milioni di abitanti. Ma il processo di «idolatrazione» - la sperimentata macchina del consenso usata dal regime per regalare fama e prestigio ai suoi inetti tiranni - non prevede il benessere dei sudditi. Gli osservatori più pessimisti temono ora che l'orgoglio nazional-comunista - incenerito dall'esplosione dell'Unha 3 - venga resuscitato ricorrendo all'arma estrema, ovvero con la messa in scena di un nuovo test nucleare. A corroborare questi timori contribuiscono le rivelazioni dell'intelligence di Seul basate sulle foto raccolte dai satelliti intorno al sito nucleare di Kiliju, nella punta nord orientale del paese.
Le foto mostrano la presenza di enormi cumuli di terra risultato di nuovi lavori di scavo nelle gallerie utilizzate per i test atomici. Un segnale premonitore già rilevato nel 2006 e nel 2009 quando Pyongyang procedette ai primi due esperimenti. I più ottimisti fanno notare, invece, l'inedita prova di trasparenza offerta ammettendo la perdita del missile solo due ore dopo il fallito lancio. Ma secondo le interpretazioni più «complottiste» Kim Jong Un e i suoi protetti avrebbero permesso alla fazione rivale di portare avanti la sfida missilistica per poi metterla di fronte al proprio insuccesso. In ogni caso gli unici a farne le spese saranno i cittadini.

Una delle prime conseguenze del fallito esperimento spaziale sarà la rottura del recente accordo con gli Stati Uniti che prevedeva la fornitura di grano in cambio della messa al bando degli esperimenti missilistici e nucleari. Così dopo l'insuccesso tornerà anche la fame.

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