La Corte suprema indiana: "Marò detenuti illegalmente" Adesso la libertà è più vicina

La Corte suprema indiana stabilisce che l’arresto è incostituzionale e lo Stato del Kerala è incompetente a giudicare il caso della "Lexie"

La Corte suprema indiana: "Marò detenuti illegalmente" Adesso la libertà è più vicina

Ora lo sappiamo: c’è un giudi­ce persino a Nuova Delhi. Massimiliano Latorre e Salvatore Giro­ne, a differenza del mugnaio di Potsdam, non ci speravano tanto. Ieri, invece, ecco arrivare la noti­zia tanto attesa. Dopo 65 giorni di attese e tribolazioni la Corte Su­prema di Nuova Delhi ammette il ricorso italiano che rivendica l’in­costituzionalità della detenzione dei due marò.

A questo punto la strada forse è in discesa. Ed anche breve. La prossima udienza della Corte Su­prema è fissata per l’8 maggio. Quel giorno i giudici potrebbero intimare alle autorità dello Stato del Kerala di riaprire le porte del carcere. Quel giorno i due militari accusati di aver ucciso due pesca­tori durante una missione antipirateria potrebbero riassaporare la libertà.

Le chiavi di volta capaci di apri­re la cella di Trivandrum sono custodite in due forzieri chiamati giurisdizione e autorità centrale. Su quei due forzieri lavora da setti­mane la nostra diplomazia.

La giu­risdizione, parolina magica su cui l’Italia insiste sin dal primo gior­no, è la regola del diritto per cui le indagini su eventuali crimini com­messi a bordo di navi in acque in­ternazionali spetta ai giudici della nazione in cui è registrato il natan­te. Le autorità del Kerala non sono tutt’oggi disposte ad ammetterlo. Dopo aver usato l’inganno per atti­rare l’«Enrica Lexie» nel porto di Kochi lo scorso 15 febbraio, conti­nuano a pretendere di giudicare i nostri due marò. La loro arma mi­gliore in qu­esta guerra senza rego­le è l’indignazione di un’opinione pubblica indiana imboccata con notizie infondate, ma sufficienti a giustificare l’incarcerazione di due innocenti. La nostra diploma­zia, entrata in gioco in ritardo e costretta a far i conti con un castello di accuse, deve innanzitutto spe­gnere i focolai capaci di riaccende­re il fuoco dell’opinione pubblica indiana. I dieci milioni di rupie, ov­vero i 140mila euro, garantiti a cia­scuna delle due famiglie di pesca­tori servono a questo.

Qualcuno obbietterà che paga­re equivale ad ammettere una col­pa.

E che - d’ora in poi - qualsiasi genitore di indiani uccisi in mare si metterà alla ricerca di un colpe­vole italiano. Alternative migliori e più veloci però non ce ne sono. Garantirsi il silenzio dei familiari è fondamentale per consentire ai giudici di Nuova Delhi d’emettere una sentenza anti popolare.

Per mettere in moto la Suprema Corte bisogna però risvegliare l’or­goglio dello Stato centrale. Così mentre nel Kerala si pattuisce il fit­tizio «risarcimento» alle famiglie dei pescatori, la diplomazia italia­na­e quella internazionale sottoli­neano come un’India candidata ad occupare un seggio permanen­te al Consiglio Supremo dell’Onu non debba soggiacere agli arbitrii di un governo locale. Venerdì scor­so la correlazione tra i due scenari si manifesta in tutta la sua chiarez­za. Quel giorno la notizia sull’ac­cordo economico raggiunto con le famiglie dei pescatori fa il paio con la filippica di un legale del go­vern­o centrale che critica l’opera­to delle forze di sicurezza del Kera­la accusandole, davanti alla Corte Suprema, di aver bloccato la nave italiana«pur non avendone l’auto­rità in quanto l’incidente è avve­nuto in acque internazionali».

Da quel momento in poi l’acce­lerazione ha del miracoloso.

In ca­po a tre giorni, sabato e domenica compresi, i tre alti magistrati desi­gnati dalla Corte Suprema accol­gono la tesi impugnata dall’avvo­cato Harish Salve sull’illegittimità dell’arresto di Massimiliano La­torre e Salvatore Girone. A quel punto la chiave della giurisdizio­ne è già nella toppa della galera. L’eccezione di giurisdizione pre­sentata dall’avvocato Salve sotto­linea infatti che che lo Stato del Ke­rala è incompetente a giudicare una disputa tra Stati sovrani e in cui sono implicati dei militari.

E per capire come sia già inizia­ta la gara per la riabilitazione dei due marò basta dare un’occhiata alla foto di Massimiliano Latorre pubblicata ieri dal New Sunday Ex­press .

La foto - scattata sabato mentre il maresciallo esce in per­messo speciale per incontrare i familiari – descrive il «miracoloso» salvataggio di un fotografo disattento trascinato via da Latorre pri­ma che un automobile lo arroti. Per i due marò dipinti fino ad ieri alla stregua di assassini la strada della libertà passa anche dai gior­nali.

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