L’ultima eredità di Gheddafi: uno Stato per gli uomini blu

La secessione dei tuareg. Proclamata l’indipendenza dell’Azawad, nel nord desertico del Mali. Dietro ci sono le armi libiche e gli emiri di Al Qaida

L’ultima eredità di Gheddafi: uno Stato per gli uomini blu

Il caos genera caos. Con il sen­no di poi l’Onu e la Nato, Parigi e Washington si guarderebbero be­ne, probabilmente, dal lanciarsi nell’avventura che portò alla ca­duta e alla morte di Muammar Gheddafi. Gli effetti dell’effetto domino avviato nel marzo di un anno fa con il voto della «no fly zo­ne » sono sotto gli occhi di tutti. L’anarchia generata dalla fine del Colonnello si sta rapidamente dif­fondendo dalla Libia ai Paesi vici­ni. La prima vittima del virulento e inarrestabile contagio è il Mali. Lì le tribù tuareg rappresentate uf­ficialmente dal Movimento Nazio­nale di Liberazione dell’Azawad (Mlna) hanno appena proclama­to l’indipendenza delle regioni settentrionali. La rivolta Tuareg nel nord del Mali dura dal 1958, ma dietro l’immagina romantica dello Stato di Azawad - patria de­gli «uomini blu» - si nasconde quella assai più minacciosa di Al Qaida nel Maghreb, l’organizza­zione che gestisce i traffici di uomi­ni, armi e droga nel Sahel e nel nord d’Africa.

Per comprendere i complessi retroscena di questa vicenda, preceduta il 21 marzo dalla caduta nel Mali del regime del presidente Amadou Toumani Touré, biso­gna fare un salto indietro di tre me­si. All’inizio di gennaio l’endemi­ca rivol­ta delle tribù tuareg del Ma­li settentrionale si trasforma in in­surrezione generalizzata. Il dila­gare della sollevazione è stretta­mente collegato al rientro dalla Li­bia di qualche migliaio di milizia­ni famosi per aver combattuto al fianco di Gheddafi e per essere sta­ti lautamente ripagati. I reduci tua­reg non tornano a mani vuote. Nei cassoni del loro fuoristrada sono accatastate migliaia di armi nuo­ve di zecca prelevate negli arsena­li libici. Non solo kalashnikov, mortai o lanciagranate, ma anche missili antiaerei e sistemi anticar­ro di penultima generazione acquistati al mercato nero. Il ritorno di quei veterani pieni di dollari dol­­lari, armati fino ai denti e temprati da un anno di combattimenti met­te in crisi l’esercito governativo, che si scopre incapace di contrap­porsi agli assalti dei rivoltosi.

In verità il movimento degli «uo­mini blu» è tutt’altro che unito e coeso. Mentre i capi militari legati al Mlna combattevano al soldo del Colonnello, altri comandanti tuareg avevano ceduto alle lusinghe di Al Qa­ida Maghreb schieran­dosi al fianco degli emiri integralisti impegnati a monopolizzare i lu­crosi traffici di droga, ostaggi e ar­mi che s’intrecciano lungo le piste del Sahara. Il capofila degli «uomi­ni blu» più vicini al terrore fonda­mentalista è Iyad ag Ghaly, un co­mandante tuareg conosciuto co­me il leader di «Ansar Dine», una fazione ispirata all’estremismo sa­lafita e strettamente connessa ad Al Qaida Maghreb. Un’alleanza confermata dallo stesso Iyad ag Ghaly che il 3 aprile annuncia di avere imposto la legge islamica a Timbuctu, la leggendaria capitale del deserto.

Malgrado le tribù legate al movi­mento di liberazione del­l’Azawad si affrettino a smentire, la realtà appare tutt’altro che rassi­curante. Da alcuni giorni la popo­lazione cristiana avrebbe abban­donato in massa Timbuctu dando­si alla fuga nel deserto. Nelle altre città del nord la situazione non sembra molto diversa. Il potere re­ale, a dar retta agli abitanti, è salda­mente nelle mani dei miliziani barbuti che controllano le strade, sventolano la bandiera nera di Al Qaida e costringono le donne a in­dossare il velo e ad uscire solo se accompagnate da un familiare di sesso maschile.

Le armi e le capacità militari dei manipoli di miliziani ritornati dal­l­a Libia hanno insomma fatto piaz­za pulita dell’esercito del Mali, ma non sono riuscite ad evitare che il controllo della rivolta cades­se nelle mani delle fazioni qaidi­ste. Il caos del nord rischia ora di generare la completa dissoluzio­ne di quel che resta del Paese. I capi militari, rivoltatisi contro un re­gime accusato di non metterli in condizione di difendere la nazio­ne, sono già alle corde e incapaci di amministrare quel resta del Ma­li.

Grazie agli errori e all’improvvisazione dell’Onu e della Nato, la boria di un Gheddafi sempre pron­to a presen­tarsi come l’unico argi­ne all’infiltrazione di Al Qaida nel nord Africa rischia così di trasfor­marsi in tragica verità postuma.

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