Da ieri l'India ha un nuovo leader: è Narendra Modi, 63 anni, figlio di un venditore di the e con radici nell'estrema destra nazionalista hindu: sorpassando tutte le previsioni, il suo Partito popolare indiano (Bjp) ha conquistato la maggioranza assoluta in Parlamento e, per la prima volta in trent'anni, sarà possibile formare il governo senza ricorrere a coalizioni con i vari partiti regionali. Modi è un uomo dalle molte facce: incorruttibile, efficientista, nazionalista e - nel fondo - antimusulmano. Per la sua ambigua parte in un incidente razziale del 2001, in cui furono trucidati oltre mille islamici, vari governi occidentali che si sono affrettati a congratularsi con lui gli avevano negato fino a ieri il visto d'ingresso. Ma, come governatore del Gujarat, uno Stato sulla costa occidentale, si è dimostrato un amministratore eccezionale: con solo il 5% della popolazione, ha fornito il 16% della produzione industriale e il 22% delle esportazioni di tutto il Paese.
Durante la campagna elettorale ha promesso di estendere questo boom all'intera India, dove nonostante anni di progresso sussistono ancora spaventose sacche di povertà. Più di metà dei 550 milioni di elettori, soprattutto nelle città e tra il 40% di giovani sotto i 35 anni che aspirano a una vita migliore, gli ha creduto e gli ha conferito una specie di plebiscito. Il Bjp è riuscito a vincere perfino nel Bengala, dominato da sempre dai comunisti, e a fare breccia tra i Dalit, i cosiddetti «intoccabili» per cui il Bjp - considerato il partito delle caste superiori - era l'arcinemico. Quanto al partito del Congresso, che era al governo dal 2004, è stato letteralmente spazzato via anche nei suoi feudi tradizionali. Sonia Gandhi, suo presidente e madre del candidato sconfitto Rahul, si è affrettata ad ammetterlo: «Questo mandato - ha detto - è chiaramente contro di noi. Rispettiamo con umiltà la volontà del popolo e (con un chiaro riferimento al passato di Modi) ci auguriamo che il nuovo governo non comprometta l'unità dell'India». Per molti osservatori, questa elezione potrebbe addirittura segnare la fine della dinastia Nehru-Gandhi che ha dominato la scena politica per 57 anni, perché il suo bacino elettorale, formato in gran parte dalle classi rurali e dagli abitanti dei villaggi è stato decimato dall'urbanizzazione e dalla nascita di una classe media che usa internet, comunica coi telefonini e anela ad avere un Paese più moderno.
A decidere le elezioni è stata soprattutto l'economia. Dopo anni di crescita dell'8-10%, nel 2013 il tasso di sviluppo è sceso al 4,5%, insufficiente a creare un numero adeguato di posti di lavoro e a modernizzare servizi e infrastrutture che, in molte regioni, sono ancora a livello di Terzo mondo. Perciò non solo imprenditori, commercianti e uomini d'affari, ma anche impiegati e tecnici hanno votato in massa per Modi, nella speranza che con il suo misto di liberismo e di rigore riesca anche a riformare la burocrazia, considerata uno dei flagelli del Paese.
L'ascesa al potere di Modi comporterà cambiamenti nella politica estera e influenzerà senza dubbio anche la vicenda dei nostri marò, per quanto non si capisca ancora in quale direzione. Da un lato, l'acceso nazionalismo del nuovo leader, che vuole affermare lo status di grande potenza e perseguire con maggior vigore il seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell'Onu (cui l'Italia, che vuole un altro tipo di riforma, si è sempre opposta) potrebbe portare a un ulteriore irrigidimento della posizione indiana. Dall'altro, la virtuale scomparsa dalla scena di Sonia, sempre attaccata dal Bjp come troppo «italiana» e sospettata di favorirci, potrebbe stemperare le tensioni e fare passare la vicenda in seconda linea, aprendo la strada a una soluzione diplomatica impossibile durante la campagna elettorale.
Se non altro per ragioni economiche la nuova India, che è in pessimi rapporti con quasi tutti i suoi vicini - dal Pakistan alla Cina e al Bangladesh - dovrebbe cercare di avvicinarsi maggiormente all'Occidente: e in questo quadro un compromesso su una controversia in cui siamo riusciti a coinvolgere l'Unione europea, o un via libera a trasferire la causa a un tribunale internazionale, rientra nell'ordine delle possibilità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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