da Amman
Si bagna la fronte con l'acqua del Giordano, poi il segno della croce e un lungo momento di preghiera in silenzio, rotto solo dal vento che accarezza la sua veste bianca, nel luogo esatto dove Gesù, secondo la tradizione cristiana, fu battezzato da Giovanni. È questa una delle immagini più emozionanti della prima giornata di Papa Francesco in Giordania, nel viaggio che lo porta questa mattina in Palestina e in serata a Gerusalemme.
Pace in Siria e tra israeliani e palestinesi, rispetto per l'islam, libertà religiosa per i cristiani in Medio Oriente: verte su questi tre temi la prima giornata della visita di Francesco in Terra Santa, voluta per commemorare i 50 anni dallo storico incontro tra Paolo VI e il Patriarca ortodosso Atenagora.
Il primo pensiero va alla Siria. E alla «generosa accoglienza» che la Giordania svolge per aiutare una «grande quantità di rifugiati» che giungono in particolare dal Paese vicino «sconvolto da un conflitto che dura da troppo tempo». Un appello vibrante quello di Jorge Mario Bergoglio: «Si rende quanto mai necessaria e urgente - afferma il Papa nel discorso al Palazzo reale di Amman davanti al Re Abdallah II bin Al Hussein e alla regina Rania - una soluzione pacifica alla crisi siriana, nonché una giusta soluzione al conflitto israeliano-palestinese». «La sua umanità e testimonianza possono dare un contributo speciale per facilitare la crisi dei rifugiati siriani e il peso di paesi confinanti che li ospitano come la Giordania», dice da parte sua il re giordano.
Il pontefice rinnova poi «profondo rispetto e stima» per l'islam. Ringraziando il re per essere «uomo di pace» e auspicando che la sua visita «contribuisca a incrementare e promuovere buone e cordiali relazioni tra cristiani e musulmani». Di pace il Papa aveva parlato già durante il volo che lo portava ad Amman, salutando i giornalisti. Rivolgendosi ai reporter israeliano e palestinese - David Cohen Cymerman e Imad Freij - seduti uno accanto all'altro, Francesco aveva invitato il giornalista israeliano a «proteggere» il collega palestinese.
Nel pomeriggio, con mezz'ora di anticipo rispetto al fitto programma, Papa Francesco celebra la messa nello stadio di Amman, dove riecheggia ancora l'appello a cessare le violenze. «La pace non si può comprare, non si può vendere!», ammonisce. «È un dono da ricercare pazientemente e costruire artigianalmente mediante piccoli e grandi gesti che coinvolgono la nostra vita quotidiana». Infine, il pensiero va ai cristiani della Terra Santa, che «offrono il loro contributo per il bene comune» e che «pur essendo numericamente minoritari» hanno diritto a «professare la loro fede, nel rispetto della libertà religiosa, che è un fondamentale diritto umano e che auspico vivamente venga tenuto in grande considerazione in ogni parte del Medio Oriente e del mondo intero».
La condanna alle violenze in Siria torna prepotente anche nell'ultimo discorso della giornata, al Sito del Battesimo, lungo il Giordano, dove il Papa incontra un gruppo di 600 rifugiati. «Prevalgano la ragione e la moderazione e, con l'aiuto della comunità internazionale, la Siria ritrovi la via della pace. Dio converta i violenti e coloro che hanno progetti di guerra, converta coloro che fabbricano e vendono le armi», chiosa Bergoglio.
«Cessino le violenze e venga rispettato il diritto umanitario, garantendo la necessaria assistenza alla popolazione sofferente». Poi lascia il sito indossando una kefiah rossa regalatagli da una ragazza irachena.
Questa mattina Francesco arriva a Betlemme. È la prima volta che un Pontefice mette piede nello Stato della Palestina. Perché con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si parlava ancora di «territori palestinesi». Con la Risoluzione Onu del 2012, invece, la Palestina è diventata Stato. Bergoglio celebra la messa nella piazza di Betlemme, davanti alla Basilica della Natività, nell'unica messa per i palestinesi cristiani.
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