Carlo Petrini, sessantanni il giugno scorso, dalla prima radio libera dEuropa, attivata nel 1975 a Bra in Piemonte, a Terra Madre, che è la summa di Slow Food ma anche il titolo del libro appena presentato a Milano, una presentazione dal sapore diverso, più forte e simbolico rispetto alle altre in Italia. «Più forte perché è la città dellExpo del 2015, una città che ha scelto un tema che noi sentiamo enormemente: nutrire il pianeta, energia per la vita».
Quando è stato chiaro che Milano, Expo e Slow Food avrebbero camminato fianco a fianco, qualcuno si è chiesto ma perché chiamare Petrini a Milano?.
«Sarà, ma a dicembre ho ricevuto lAmbrogino doro, segno che avrò detto qualcosa di utile e di giusto, e magari pure fatto a Milano. Comunque, andando nel concreto, è ovvio che un tema come quello che è stato scelto collima con i propositi di Terra Madre, una rete che tocca 153 Paesi e che mira a modificare lattuale sistema agro-alimentare industriale. Milano può diventare il centro di una rivoluzione globale, il riferimento per le comunità del cibo sorte e che sorgeranno nel mondo».
Probabilmente i milanesi ancora faticano a capirlo perché pensano alle golosità dei presidi e così sfugge loro lorizzonte più vasto vostro e dellExpo.
«Milano è stata sempre una città moderna, allavanguardia. Adesso ha loccasione per andare nel futuro recuperando situazioni di ancestrale qualità e intelligenza. Non si tratta di tornare a vivere in un ambiente bucolico come nelle favole. Si tratta di dimostrare che è possibile produrre il cibo nel rispetto dellambiente e delluomo».
Dove trae forza questa sua convinzione?
«Sono stato fulminato sulla mia via per Damasco il giorno che mi portarono a visitare il Parco Agricolo Sud Milano. Camminavo con gli occhi sbarrati. Quando mi ripresi dallo shock, chiesi a coloro che erano con me se avevano idea di cosa voglia dire avere 47mila ettari agricoli come quelli a ridosso di Milano e mi guardavano. Così esplosi».
Conseguenze dellesplosione?
«La presa di coscienza che è come se Milano vivesse accanto a un immenso giacimento petrolifero. Lo dissi loro: ma vi rendete conto che fate condurre in maniera obsoleta una realtà che nessuna metropoli al mondo ha sulla porta di casa? Lagricoltura fa parte del Dna della città, realtà che si è persa. Non valgono paragoni con Central Park o Bois de Boulogne; sono splendidi ma non sono aree agricole, non potrebbero mai nutrire gli abitanti di New York o di Parigi come invece il Parco Sud con Milano, solo se fosse pensato in maniera nuova».
È la sfida che lei indica a Milano.
«Sì, penso allinsegnamento nei confronti di centri come Nairobi, New Dehli, Chicago... Poi cè il monumento che a ogni edizione lExpo lascia alla città ospitante e allora a Formigoni ho detto che nulla avrebbe più valore per la cittadinanza di un Lambro tornato pulito e vivo. Ha detto che se ne farà carico, vedremo».
Nel libro però lei non scorda le radici golose.
«Quando leggo che sarei diventato un professore, un teorico mi arrabbio. Dobbiamo recuperare il piacere del gusto, lo stare a tavola con soddisfazione. LExpo servirà anche a questo. La giustizia sociale passa attraverso corrette condizioni di lavoro per i braccianti extracomunitari, verissimo, ma pure per la possibilità che tutti possano mangiare ottimi prodotti. Mica deve essere una opportunità solo per chi ha soldi».
Dai campi alla tavola.
«Guardo ancora oltre: dobbiamo far sì che medicina e salute si riconcilino con la gastronomia, senza più la schizofrenia e il senso punitivo dominanti. Conosco medici che fanno la predica, poi li incroci la sera che si ingozzano. Questo non è certo logico».
Una curiosità: lei langarolo, cosa le piace di Milano?
«Mi è sempre piaciuta lartigianalità dei suoi modi, quel savoir faire che era alla base di ogni aspetto di milanesità, quel saper lavorare che lavrebbe resa la capitale industriale dItalia e poi di tante altre cose, penso alla moda e al design fino allExpo che verrà. Quando penso al prototipo del lombardo penso a una persona contenta e anche potente, intenso come capacità di rigenerarsi. La sfida che ci attende è triplice: crisi economica, energetica e ambientale. Milano ha i mezzi per dare risposte straordinarie».
Un esempio?
«Potrebbe essere Torino che, grazie alle Olimpiadi, ha rifatto il look a molte sue cose.
E un pericolo?
«Mi preoccupano certe mani che vorranno posarsi su certi affari».
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