Cellule staminali neurali per la sclerosi multipla: cosa dice lo studio

Una nuova frontiera potrebbe essere abbattuta: ecco il nuovo metodo con cellule staminali che può bloccare la sclerosi multipla in fase avanzata

Cellule staminali neurali per la sclerosi multipla: cosa dice lo studio

La medicina compie un altro enorme passo in avanti per la cura di una terribile malattia neurodegenerativa come la sclerosi multipla: non esiste ancora una cura definitiva ma alcuni ricercatori hanno scoperto nuove e interessanti prospettive grazie alle cellule staminali neurali. Lo studio, denominato STEMS, è pubblicato sulla rivista Nature Medicine e parla esclusivamente italiano ed è coordinato dal prof. Gianvito Martino, Direttore scientifico del San Raffaele di Milano.

Come funziona il trattamento

Per provare a fermare la malattia nelle fasi più avanzate, sono state utilizzate le cellule precursori neurali (Npc) trapiantate in modelli animali di sclerosi multipla che "hanno mostrato efficacia preclinica promuovendo la neuroprotezione e la rimielinizzazione rilasciando molecole che sostengono il supporto trofico e la plasticità neurale", hanno scritto i ricercatori. Questa sperimentazione che affonda le sue prime origini nel 2017, ha finora interessato 12 persone con evidenza della progressione della malattia che ha dimostrato un miglioramento importante grazie a quattro punture lombari di queste cellule nel liquido cerebrospinale con un aumento progressivo da 50 a 500 milioni di cellule staminali neurali. Negli animali si era già osservata la capacità dei meccanismi di riparazione che erano riusciti a produrre.

"Minor perdita del tessuto cerebrale"

Al Corriere della Sera ha spiegato il funzionamento di questa rivoluzionaria terapia la ricercatrice Angela Genchi, prima firma dello studio che fa parte del laboratorio di Neuroimmunologia del San Raffaele. "I risultati hanno dimostrato, oltre a sicurezza e tollerabilità della terapia, una significativa riduzione della perdita di tessuto cerebrale, valutata tramite risonanza magnetica nei due anni successivi il trattamento (il primo avvenuto nel 2017), nel gruppo che ha ricevuto il maggior numero di staminali neurali", ha dichiarato. La controprova delle analisi effettuate sul liquido cerebrospinale "ha evidenziato un cambiamento della sua composizione dimostrando un arricchimento in termini di fattori di crescita e di sostanze neuroprotettive", ha aggiunto.

Come abbiamo visto su ilGiornale.it, in Svizzera si è esaminato il funzionamento delle cellule staminali nei trapiantati ma questa è la prima volta in assoluto che vengono utilizzate quelle neurali rispetto a quelle ematopoietiche che possono funzionare nelle prime fase ma risultano inefficaci quando la malattia è ormai in stato avanzato. Già tra il 2003 e il 2009 alcuni ricercatori del gruppo diretto dal prof. Martino avevano visto l'efficacia delle staminali neurali anche nelle fasi peggiori della sclerosi multipla. "È un traguardo importante quello raggiunto, anche se rappresenta solo la prima tappa del percorso clinico-sperimentale che porta a una vera e propria terapia", ha dichiarato la ricercatrice.

Attenzione, però, a non farsi prendere da facili entusiasmi: prima che possa diventare una terapia la strada è ancora tutta in salita perché i dati pubblicati non possono bastare a considerarla "come una vera e propria cura, il passo successivo sarà quello di procedere con un nuovo studio clinico sperimentale che coinvolga un gruppo più ampio di pazienti", ha aggiunto al quotidiano il prof. Martino spiegando che gli obiettivi diventano due. È necessario dimostrare in un gruppo più ampio di pazienti come le neurali possano bloccare l'avanzata della malattia ma anche che siano in grado di "favorire la rigenerazione delle aree del sistema nervoso danneggiate.

Il fine ultimo, che è la grande sfida che abbiamo deciso di affrontare 20 anni fa, è quella di sviluppare una terapia innovativa ed efficace per persone con forme progressive di SM che hanno, a oggi, opzioni terapeutiche limitate".

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