Tumore ovarico, i sintomi, la diagnosi e le cure

Sono fattori di rischio la familiarità e la mutazione di due geni specifici, il Brca1 e il Brca2, che hanno un ruolo anche nel tumore alla mammella

Tumore ovarico, i sintomi, la diagnosi e le cure

Circa l’80% delle pazienti arriva alla diagnosi di tumore ovarico quando la malattia è già in fase avanzata. I sintomi generici, l’assenza di screening e le conseguenti diagnosi tardive fanno sì che soltanto 10 donne su 100 scoprano il tumore quando è ancora circoscritto alle ovaie o alla pelvi. Spesso il sospetto arriva nel corso di una visita ginecologica per altri motivi.

Il risultato è che i trattamenti non sempre sono efficaci e la mortalità è ancora alta. Secondo i dati, a oggi solo il 40% delle pazienti con tumore ovarico riesce a sconfiggere la malattia. Nel nostro Paese sono circa 50mila le donne viventi dopo una diagnosi di tumore dell’ovaio. Un tumore molto insidioso per due principali motivi. Innanzitutto perché ha sintomi aspecifici. In secondo luogo perché, a differenza del carcinoma mammario o di quello alla cervice uterina, non esistono oggi strumenti di prevenzione né test di screening precoce.

Sebbene non sia tra i più diffusi, fa registrare in Italia oltre 5.000 nuove diagnosi l'anno e oltre 3.000 decessi. In altre parole, è ancora uno dei “big killers” tra le neoplasie ginecologiche (30%) ed occupa il decimo posto tra tutti i tumori femminili (3%). Se fino a 10 anni fa le opzioni terapeutiche erano poche e la chemioterapia era l’unica arma disponibile, oggi esistono nuovi trattamenti e farmaci mirati. Tuttavia, il successo delle nuove opzioni e strategie terapeutiche dipende dalla condizione al momento della diagnosi, per questo è fondamentale fare prevenzione.

Sintomi e fattori di rischio

I sintomi del tumore ovarico sono generici, spesso vengono confusi con quelli di altre malattie molto meno gravi, per questo la diagnosi può risultare difficile. Studi recenti hanno individuato alcuni segnali presenti anche nelle prime fasi della malattia, sebbene varino per ogni singolo caso. Si tratta di: dolore addominale o pelvico anche non continuo, un senso di pienezza precoce e una distensione addominale che persiste. Altri sintomi possono essere: abitudini intestinali diverse, una minzione frequente, sanguinamento vaginale e altri sintomi intestinali.

In particolare, il rischio è collegato alla mutazione di due geni specifici, il Brca1 e il Brca2, che ricoprono un ruolo importante anche nel tumore alla mammella. La percentuale di rischio di tumore ovarico è del 39-46% con una mutazione del gene Brca 1 e del 10-27% con una mutazione del gene Brca 2.

Il 15-25% dei tumori all’ovaio ha come principale fattore di rischio la familiarità. Non esistendo strategie preventive efficaci per questo tumore, l’annessiectomia profilattica bilaterale (asportazione di tube ed ovaie) è in grado di prevenire la quasi totalità dei tumori ovarici su base genetico-ereditaria.

Il picco di incidenza della malattia è tra i 50 e i 60 anni. Tuttavia alcuni tipi di tumore dell’ovaio possono presentarsi in donne più giovani. Oltre alla familiarità e al rischio genetico, incide il sistema endocrino che si occupa della produzione e distribuzione di ormoni nell’organismo. In generale, ovulazioni ripetute sembrano associate a un rischio maggiore. Alcuni studi hanno mostrato un’incidenza maggiore in donne soggette a menarca precoce o menopausa tardiva. Inoltre esiste anche una correlazione tra endometriosi e tumore all’ovaio. Sono fattori di rischio anche l’obesità, il fumo e la sedentarietà. Invece, la gravidanza e l'allattamento prolungato sembrano essere dei fattori protettivi. Lo stesso vale per la pillola anticoncezionale che è associata a un rischio minore.

La diagnosi di tumore ovarico

Quando c’è il sospetto di un tumore delle ovaie è l’ecografia transvaginale oppure quella transaddominale a sciogliere i dubbi. Tuttavia, sono considerate importanti per la valutazione clinica, oltre all'età della donna, le dimensioni e le caratteristiche ecografiche delle ovaie. Questa valutazione è molto soggettiva, e le forme iniziali possono essere misconosciute da operatori poco esperti, come spiega la Fondazione Veronesi.

Dopo l'ecografia pelvica, la diagnosi di tumore dell’ovaio può richiedere il controllo dei marcatori tumorali, attraverso il prelievo del sangue. In caso di dubbio, si procede con una Tac addominale o con una Pet. Nel caso del tumore ovarico, il Pap test non ha alcuna validità. Una volta individuato il tumore, la prima cosa da fare è capire se la neoplasia è circoscritta o se ha già preso piede nella zona pelvica e oltre. Per questo vengono eseguite anche una gastroscopia e una colonscopia.

Il carcinoma ovarico può essere diagnosticato in diversi stadi, che dipendono dall'estensione e dalla presenza di metastasi. Una buona o una cattiva prognosi dipendono dallo stadio del tumore, per questo la diagnosi deve essere il più tempestiva possibile.

Le cure

La scelta della terapia dipende dal singolo caso. La chirurgia è uno step centrale del trattamento del tumore ovarico. In uno stadio avanzato è finalizzata all’asportazione di tutto il tumore visibile (chirurgia citoriduttiva). Se la malattia viene asportata radicalmente il guadagno in termini di sopravvivenza per la paziente arriva a 40 mesi rispetto a pazienti in cui l’intervento chirurgico non ha asportato completamente la malattia. Anche nelle pazienti con malattia allo stadio iniziale, la chirurgia ha un ruolo fondamentale.

Negli ultimi anni, per lo più in associazione alla chemioterapia eseguita dopo la chirurgia, si sono affermate nuove terapie dette “a bersaglio molecolare”. Si tratta di farmaci rivolti verso un bersaglio specifico che ha un ruolo importante nella genesi o nella progressione di una determinata neoplasia.

In generale, le opzioni terapeutiche oggi sono numerose, ma solo una diagnosi tempestiva può migliorare le probabilità di sopravvivenza.

Infatti se il tumore ovarico viene diagnosticato in stadio iniziale la possibilità di sopravvivenza a cinque anni è del 75-95% mentre la percentuale scende al 25% per tumori diagnosticati in stadio molto avanzato.

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