Tumore alla prostata, il nuovo farmaco evita la castrazione farmacologica

Nuove speranze di guarire definitivamente dal tumore alla prostata e con minori effetti collaterali rispetto alle pratiche utilizzate finora: ecco il nuovo farmaco e la spiegazione dell'esperto

Tumore alla prostata, il nuovo farmaco evita la castrazione farmacologica

Per la prima volta si può curare il tumore alla prostata con un farmaco di ultima generazione che promette meno effetti collaterali sulla sfera sessuale ma soprattutto elimina la castrazione farmacologica indispensabile in molti casi. Sono i risultati straordinari dello studio Embark appena presentato Congresso dell’American Urological Association, a Chicago, ma la ricerca parla anche la lingua italiana.

Come agisce il farmaco

Dopo decenni di cure con la cosiddetta "deprivazione androgenica", grazie all'enzalutamide si riducono del 58% le possibilità che la malattia possa interessare altre zone dell'organismo e addirittura un miglioramento del 93% sulla progressione dell’antigene prostatico specifico (PSA) e si elimina del 64% la necessità di dover ricorrere alla chemioterapia. Come ricorda InSalute, la sperimentazione è stata condotta su 1.068 pazienti che presentevano carcinoma prostatico in fase precoce.

Il successo della ricerca

"Siamo orgogliosi di aver contribuito alla realizzazione dello studio Embark ed è la conferma del ruolo di primo piano dell’Italia nella ricerca internazionale", ha dichiarato alla stampa il prof. Ugo De Giorgi, Direttore Oncologia Clinica e Sperimentale dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’, IRST, di Meldola, unico italiano coinvolto nello studio e tra i pochissimi europei che hanno firmato il lavoro che ha visto il coinvolgimento di poco più di mille pazienti tra il 2015 e il 2018. "Embark è uno dei primi studi che ha valutato un farmaco anti-androgeno di nuova generazione associato a terapia di deprivazione androgenica, quando il tumore della prostata è in fase molto precoce e vi sono ancora concrete possibilità di guarigione. La terapia è stata iniziata dopo prostatectomia o radioterapia radicali, in presenza di segni biochimici di ricomparsa della malattia, come il rapido tempo di raddoppiamento del PSA”, ha spiegato De Giorgi.

L'importanza della prevenzione

ll primario ha spiegato che fino a questo momento due pazienti su tre, quindi il 75%, riesce a guarire anche se dopo 10 anni c'è la possibilità di una recidiva con alto rischio di morte. Per la prima volta, quindi, potrà cambiare lo standard di cure intervenendo con terapie efficaci che devono evitare che questa malattia possa diffondersi e diventare metastatica. "Finora lo standard era rappresentato dalla castrazione farmacologica, che garantisce remissioni durature ma pesanti effetti collaterali", ha aggiunto, sottolineando che il 10% dei pazienti più giovani ha rifiutato quest'opzione cercando di ritardarla il più possibile perché nelle fasi iniziali non si hanno segni evidenti delle malattia a parte l'aumento del Psa. "Ma la dilazione delle cure può portare a una progressione rapida del tumore e a una peggiore prognosi", ha aggiunto.

I casi in Italia

Soltanto lo scorso anno, il nostro Paese ha contato 40.500 nuove diagnosi di tumore della prostata. Adesso, grazie a questa importante novità medico-scientifica, "si stima che ogni anno, in Italia, possano essere circa ottomila i pazienti candidati a questo trattamento", ha aggiunto De Giorgi. Il farmaco in questione non ha gli effetti collaterali derivati dalla castrazione farmacologica.

"I dati di sopravvivenza globale saranno disponibili con il proseguimento dello studio, ma è prevedibile un netto miglioramento anche di questo parametro come conseguenza della riduzione del rischio di metastasi a distanza", conclude.

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