Può essere del tutto irresponsabile del proprio operato chi ha il potere di mettere in difficoltà le economie di interi Stati con un voto o un giudizio? La questione è assai controversa, fatto sta che per la prima volta accadrà che i rappresentanti delle due maggiori agenzie di rating, Moody’s e Standard and Poor’s dovranno recarsi davanti alla Consob, l’autorità di controllo dei mercati, per rendere conto dei propri comportamenti. Le possibilità che la Commissione possa portare a casa qualche risultato concreto dall’iniziativa sono basse, tuttavia si può scommettere che i rappresentanti delle società che danno i «voti» agli emittenti di titoli di debito non prenderanno affatto l’incontro sottogamba.
Cerchiamo di inquadrare bene il complicato problema: innanzitutto va ricordato che l’iniziativa del presidente Vegas non è un’invenzione estemporanea o una trovata propagandistica. Il potere di vigilanza sulle agenzie di rating gli è stato esplicitamente affidato da una nuova legge (settembre 2010) che recepisce una direttiva europea: tale direttiva ha affidato agli organismi nazionali il compito di sorvegliare l’operato delle agenzie con la possibilità di irrogare sanzioni fino a mezzo milione di euro. Fin qui la legge. Molto più ardua sarà l’effettiva applicazione: vediamo perché. I principali reati legati alla manipolazione del mercato per mezzo delle notizie sono l’aggiotaggio e l’insider trading: nel primo caso si rilasciano notizie false o esagerate per influenzare i prezzi dei titoli, nel secondo caso si approfitta di notizie riservate per realizzare profitti speculativi. Per queste fattispecie (difficilissime da provare) però l’ultima parola spetta ad un tribunale ed al momento Moody’s risulta indagata (chissà perché proprio lì) dalla procura di Trani. Alla Consob è affidato invece il controllo sulla trasparenza nella formazione dei giudizi, sulla correttezza delle comunicazioni al mercato dei report e sugli errori in essi contenuti.
C’è da scommettere che sulle definizioni di «errori» e «trasparenza» lo scontro diventerà al calor bianco. Negli Stati Uniti ogni tentativo di controllo si è finora infranto contro la libertà di opinione costituzionalmente garantita: in pratica le agenzie di rating proclamano il loro diritto di esprimere liberamente un loro personale giudizio sull’affidabilità di Stati e compagnie private e di non poter essere in alcun modo limitati nella loro azione. Sulla carta il ragionamento non fa una grinza, tuttavia gli errori clamorosi legati alle valutazioni ottime assegnate prima del 2008 ai titoli subprime e alle azioni Lehman hanno fatto suonare più di un campanello di allarme, che è diventato poi un problema strategico per l’Europa a seguito della crisi Greca.
In sostanza il ragionamento della Commissione Europea è il seguente: il «problema» emerso nell’area dell’euro per colpa della Grecia è che ci si è di colpo accorti di un grosso errore nella costruzione della moneta unica, vale a dire che i debiti dei singoli Paesi, da sempre considerati dal mercato come «garantiti dall’Europa», in realtà non erano tali, anzi, paradossalmente erano da considerarsi a rischio proprio per l’impossibilità di «stampare» moneta e di ridurre il debito con inflazione e svalutazioni competitive. Una volta emerso questo «difettuccio» i titoli di debito europei sono risultati assai vulnerabili alle crisi di panico degli investitori e finora «salvati» con costi iperbolici.
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