La decisione di Benedetto XVI di applicare a tutti gli enti della Santa Sede le norme internazionali contro le frodi e il riciclaggio, e di istituire un’autorità di controllo (Aif) chiamata a vigilare sulla loro applicazione, rappresenta una tappa storica, perfettamente in linea con il suo stile. Ratzinger è, e appare, un vescovo di Roma mite, umile, che non ha avuto remore a parlare delle sue stesse fragilità nel recente libro intervista Luce del mondo. Ma che sa essere al contempo deciso. Il «Motu proprio» pubblicato ieri lo dimostra, come lo dimostrano le nuove severissime norme promulgate lo scorso luglio per combattere il fenomeno dei preti pedofili.
Certo, non sarà per le direttive antiriclaggio che Papa Ratzinger verrà ricordato. Un pontificato è infatti definito da altri elementi, a cominciare dai documenti magisteriali. Eppure la parola «fine» all’epoca troppo lunga di opacità che ha riguardato l’Istituto per le Opere di religione – lo Ior – finito nel mirino di varie inchieste giudiziarie, è destinata a lasciare un segno. Ora non sarà più possibile usare quella che impropriamente viene definita «la banca del Vaticano» per strani movimenti di denaro. Sarà più difficile che qualche ingenuo o compiacente prelato prestanome (i maneggioni si trovano dappertutto) si renda disponibile a operazioni finanziarie poco pulite.
Le nuove norme antifrode e antiriciclaggio sono una necessità. Senza questo adeguamento tecnico e giuridico, lo Ior non avrebbe più potuto operare. Ma è interessante notare come Benedetto XVI, nel documento che ieri ha reso possibile la svolta, abbia ribadito quel dovere morale della trasparenza, dell’onestà e della responsabilità, già richiamato nell’enciclica sociale Caritas in veritate, dato che l’uso «improprio» dell’economia rappresenta una minaccia alla «pace giusta e duratura in ogni parte del mondo».
L’istituzione di un organismo di controllo autonomo, chiamato a sorvegliare l’applicazione e il rispetto delle direttive presso tutti gli enti della Santa Sede, rappresenta la vera novità, perché se l’accoglimento delle norme antiriciclaggio era un traguardo ormai improcrastinabile, l’istituzione di una sorta di «Bankitalia» vaticana non era affatto scontata. Con la nascita dell’Aif (Autorità di informazione finanziaria) si compie così quel tentativo di riforma già ideato nel 1965 da Paolo VI, il quale aveva deciso di riunire tutte le amministrazioni in un unico organismo ma dovette recedere dall’intento ventiquattr’ore prima dell’annuncio previsto a causa dell’insormontabile opposizione dei cardinali che allora presiedevano l’Apsa, lo Ior e il Governatorato.
Si chiude definitivamente – c’è da augurarselo – l’epoca degli scandali come quello che vide coinvolto l’arcivescovo Marcinkus nel crack dell’Ambrosiano. L’epoca dei conti con i titolari «coperti». L’epoca del mancato rispetto delle regole di trasparenza per la movimentazione di grosse somme di denaro, tema ancora attualissimo, dato che nei mesi scorsi, mentre il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi stava lavorando su mandato del Papa e del cardinale Bertone per arrivare al traguardo odierno, la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta a seguito di una segnalazione di Bankitalia. E ha ordinato il sequestro di 23 milioni di euro dello Ior che da una banca italiana dovevano essere trasferiti a un istituto tedesco. «Si eviteranno in futuro quegli errori che così facilmente diventano motivo di scandalo per l’opinione pubblica e per i fedeli - ha detto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi –. La Chiesa sarà più credibile davanti alla comunità internazionale e ai suoi membri».
È presto per sapere chi presiederà la nuova autorità di controllo, le nomine arriveranno dopo l’Epifania.
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