Finanziaria, Rutelli «frena» la formula Visco

No all’aumento delle aliquote tra i 50 e i 100mila euro

Fabrizio Ravoni

da Roma

La revisione degli studi di settore dovrebbe rappresentare - nelle intenzioni di Vincenzo Visco - la parte del leone dei 10 miliardi di maggior gettito che dovrebbero entrare in Finanziaria. Un progetto che, in linea di principio, la Margherita condivide. Ma che Francesco Rutelli vuol capire bene. Per queste ragioni - dice - è necessario che l’aggiornamento degli studi venga concertato con le parti sociali. Così come da concertare - aggiunge il vicepremier - ci saranno le modalità di intervento sui contributi dei lavoratori; in caso contrario, rischia di diventare «una minimum tax mascherata».
Rutelli, insomma, ha tutta l’intenzione di affilare le armi in vista del dibattito politico sulla Finanziaria, che entrerà nel vivo questa settimana. Il leader della Margherita teme che Visco imposti una politica fiscale «di classe», contro il ceto medio; che coincide con il bacino elettorale dei Dl. Una circostanza che il vicepremier non condivide. Soprattutto se queste scelte coincidono con la strategia di Palazzo Chigi di fare della legge finanziaria la camera di compensazione, la exit strategy, della vicenda Telecom. Vale a dire, concedere spazi alle richieste che vengono dalle frange estreme della maggioranza: richieste che, in materia fiscale, vanno proprio nella direzione presa da Visco.
Questo asse fiscale preoccupa, e non poco, Rutelli. Una preoccupazione che, per il momento, resta limitata ai colloqui privati. Ma che il vicepremier minaccia di rendere pubblica. Soprattutto se il vice ministro all’Economia continua a non dirgli come intende mettere mano alla riforma delle aliquote Irpef.
Gli schemi di riordino che gli hanno elaborato i suoi collaboratori non lo soddisfano. Condivide l’idea di ridurre la prima aliquota dal 23 al 20%; molto meno concorda con l’idea di recuperare gli 8 miliardi di minor gettito attraverso un aumento delle aliquote applicate sugli scaglioni intermedi. A farne le spese sarebbero soprattutto i redditi fra i 50 ed i 100mila euro. Cioè quella classe media a cui Rutelli guarda con interesse ed attenzione; e che rappresenta buona parte del suo elettorato.
Un altro elemento della politica fiscale che Rutelli vorrebbe conoscere meglio è l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. A differenza del riordino delle aliquote Irpef - come più volte avrebbe ricordato ai suoi interlocutori dell’Economia - questa misura era compresa nel programma dell’Unione. Ma in quel programma c’era anche scritto che sarebbero stati esclusi dall’aumento i piccoli capitali. Il vice presidente del Consiglio - e non solo lui nel governo - vorrebbe capire come sarà possibile introdurre le griglie di esclusione. L’ipotesi di denunciare i patrimoni investiti in titoli nella dichiarazione dei redditi (cioè, mettere i Bot nel 740) non lo convince fino in fondo. E sempre per lo stesso motivo: vedrebbe nell’operazione un appesantimento fiscale a carico delle fasce di reddito che lo hanno votato.


La vicenda Telecom e le divisioni interne alla maggioranza rischiano di rendere ancora più complicata l’elaborazione della manovra da 30 miliardi per il 2007. Prima di partire per Singapore, Padoa Schioppa aveva individuato 8 dei 20 miliardi di risparmi. Visco era vicino ai suoi 10. Ma ora Rutelli rischia di rimettere tutto in discussione.

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