Ricordate i cori della sinistra nostrana ed europea sempre pronti a spiegarci che gli sbarchi sono un dato inarrestabile conseguenza di ingovernabili moti migratori. Fuffa ideologica che il governo Meloni sta smontando pezzo dopo pezzo. I numeri sono lì a confermarlo.
Da questo punto di vista il 77% di migranti in meno accolti a Lampedusa lo scorso luglio è solo la punta d'iceberg d'una strategia italiana applicata all'intero bacino del Mediterraneo. Una strategia che nessun governo precedente aveva esercitato con tanta organicità. La strategia si basa sulla collaborazione con i Paesi da cui partono gli sbarchi. Certo attuarla non è facile. Innanzitutto perché necessita di fondi europei. E poi perché richiede la capacità di lavorare a colpi di diplomazia e d'intelligence con i governi e le forze di sicurezza dei paesi da cui partono i flussi. In pratica oltre a dialogare con i capi di governo bisogna far scendere gli 007 sul terreno, garantire gli aiuti necessari alle forze di sicurezza locali e azioni energiche nei confronti dei trafficanti di uomini. Il caso Tunisia è esemplare.
Un anno fa eravamo letteralmente sommersi dai barchini che scaricavano decine di migliaia di irregolari sulle nostre coste. Ben 58mila239 dei 93mila 467 migranti accolti al 7 agosto di un anno fa provenivano dalla Tunisia. Poi Giorgia Meloni volò a Tunisi e riuscì a conquistarsi la fiducia di un presidente imperscrutabile e diffidente come Kais Saied. Ovviamente promettendogli non solo soldi e attrezzature, ma anche il sostegno europeo per mantenere i migranti e la collaborazione delle organizzazioni internazionali per riportarli ai paesi d'origine. Il sostegno offertole dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen non bastò a placare la diffidenza Ue. La sinistra europea - con in testa il socialista spagnolo Josep Borrel Alto rappresentante della politica estera - fu la prima a boicottarci accusandoci di calpestare i diritti umani. Ma alla fine la determinazione della Meloni, l'efficienza della nostra intelligence e il buon senso della von der Leyen hanno prevalso. E oggi gli sbarchi dalla Tunisia sono 12.333, praticamente identici a quelli registrati durante il governo Draghi. I successi non si fermano qui.
La politica del dialogo ha funzionato benissimo sul fronte turco dove oggi registriamo 1.318 sbarchi a fronte dei 6.828 dell'era Draghi. E anche in Libia le cose stanno girando nel verso giusto. Gli incontri della Meloni con il generale Khalifa Haftar e la costante azioni d'intelligence per controllare la gestione degli aiuti e dei mezzi forniti hanno ridimensionato i flussi dalla Cirenaica. Il solo buco nero è quello della Tripolitania. L'incapacità di Tripoli d'esercitare un controllo omogeneo sui porti in mano alle varie milizie complica il lavoro della Guardia costiera nonostante i tanti mezzi forniti dall'Italia. E questo soprattutto a Zuwara dove i clan berberi sono da sempre coinvolti nel traffico di uomini. Tuttavia i 34.762 sbarchi registrati ieri, a fronte dei 44.637 del 2022 e ai 93.467 del 2023 (il calo è del 63%), dimostrano che la collaborazione con i governi dei paesi di partenza adottata da Giorgia Meloni è la strada giusta per contenere i flussi. E la politica di deterrenza garantita dall'apertura dei centri di accoglienza in Albania promette di fare il resto. Anche perché oltre ad affrontare le forze di sicurezza in azione nei porti i migranti dovranno far i conti con il rischio di pagare mille o duemila euro per ritrovarsi non in Italia, ma sulle coste albanesi.
«Di assoluta importanza - ha detto ieri il ministro Matteo Piantedosi alla Camera - è lo strumento del rimpatrio forzoso» di chi non ha titolo a rimanere in Italia: nel 2024 sono stati 3.080 i rimpatriati, con un aumento del 20% dal 2023. E i dati sugli arresti degli scafisti dicono che, dall'inizio dell'anno sono stati 144 a fronte dei 128 nel corrispondente periodo del 2023.
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