La cucina ligure? Non è povera e non è la prerogativa di una popolazione dal braccino corto e dalle scarse risorse, come vorrebbe un antipatico luogo comune. Di più: pesto, torta pasqualina e altri protagonisti del nostro menu sarebbero invece «una perfetta sintesi di dieta mediterranea». Parola di Renato Cremona e Roberto Avanzino, docenti di enogastronomia all'istituto Marco Polo, che ieri, con un grande convegno proprio nell'aula magna della loro scuola, hanno presentato il progetto «Atlante alimentare ligure». Secondo Avanzino, la nostra cucina ha tutte le caratteristiche di quella dieta che - come dimostrato dagli studi di Ancel Keys, pioniere mondiale dei nutrizionisti - riduce moltissimo i rischi di malattie cardiovascolari. «Pochissimi grassi saturi, pochi condimenti, poca carne rossa, consumo di pesce particolare e grande varietà di ortaggi: insomma, il mangiare alla ligure rientra perfettamente nei requisiti». Il Marco Polo ha così voluto sottolinearne l'assoluta dignità realizzando un libro destinato a dietologi e nutrizionisti. Nel volume (che sarà edito prossimamente) sono rappresentate decine e decine di ricette locali con dettagliate tabelle nutrizionali, proprio come sull'etichetta di un prodotto confezionato, e fotografie di varie porzioni, dalle più piccole alle più abbondanti. «Uno strumento utile - commenta Cremona - per i professionisti, che potranno così valutare nel dettaglio le abitudini alimentari dei loro pazienti, facendosi indicare l'immagine della porzione che è solito consumare». Ad ogni immagine è poi abbinata una tabella con le effettive componenti nutrizionali. L'atlante ha impegnato, per la sua realizzazione, due intere classi del Marco Polo», aggiunge il preside reggente Paolo Cortigiani.
La presentazione del progetto è stata l'occasione per ripercorrere la storia della gastronomia ligure e per sfatare alcuni falsi miti, come il concetto stesso di cucina tradizionale, che può invece avere origini più recenti di quanto appaia. Come ha ricordato lo storico Ferdinando Bonora, «di sicuro Cristoforo Colombo non ha mai mangiato il pesto, perché non esisteva ancora», ed era ancora allo stadio di un semplice battuto d'aglio. Le prime tracce scritte a proposito del condimento principe genovese si trovano su un dizionario di metà Ottocento, «in cui però si specifica che in mancanza di basilico si possono usare maggiorana e prezzemolo»: oggi sarebbe una bestemmia.
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