Nemmeno il tempo di arrestarli, che i presunti jihadisti di Merano sono stati già scarcerati dal giudice. La decisone del Gip di Trento, che ha confermato solo dieci delle 17 ordinanze di custodia cautelare disposte dal gip di Roma per associazione con finalità di terrorismo internazionale, ha sollevato diverse polemiche.
Così oggi il procuratore capo di Trento, Giuseppe Amato, è tornato sulla vicenda. Ed ha difeso la sua richiesta di rendere inefficaci 7 ordinanze di arresto, poi accolta dal Gip. Da questa decisione ne era scaturita la scarcerazione di due soggetti detenuti in Italia. Secondo il procuratore, la decisione presa è corretta perché "non possono essere solo il contatto con presunti terroristi o la rappresentazione del pensiero a sostanziare un reato". Non solo: secondo Amato non si processano "manifestazioni verbali o ideologie, a meno di livelli concretamente istigatori, ma il concreto pericolo della commissione di atti di terrorismo".
Insomma, non basta conoscere terroristi (magari non averli denunciati) o professare un'ideologia che inneggia all'odio e alla guerra all'Occidente. Serve la pistola fumante. Serve, in pratica, che i terroristi di Merano stessero montando una bomba o qualcosa di simile. "Le fattispecie di reato di cui stiamo parlando - aggiunge - non sono sempre autoevidenti, non si sostanziano sempre nella commissione di atti concreti finalizzati al terrorismo. Per ciascun soggetto deve essere verificata la proiezione di un comportamento efficiente, materiale, che non sia limitato alla conoscenza di altri soggetti. Serve verificare il contenuto obiettivo delle intercettazioni e il fatto che da espressioni verbali derivi anche un atteggiamento concreto".
Per quanto riguarda l'impianto accusatorio, dopo l'arrivo del fascicolo da Roma per competenza territoriale, gli inquirenti trentini hanno "seguito convintamente la posizione di Roma, dunque l'esistenza dell'associazione con finalità di terrorismo, poi siamo passati a valutare le singole posizioni". Da queste valutazioni sono poi nate le scarcerazioni. Sarebbero emersi, infatti, elementi di "insussistenza di un compendio indiziario grave".
I due scarcerati in Italia sono Hama Mahmoud Kaml, 31 anni, detenuto a Trento, e Mohamad Fatah Goran, 29 anni, alias Kury Chanchamali, detenuto a Bolzano. Gli altri cinque, tutti di origine irachena, sono: Seddek Kadir Karim, 35 anni, di cui viene ipotizzata la morte in Iraq nel 2014; Sheda Sameer, 33 anni; Jamal Ibrahim, alias Hitler, 31 anni; Mahmod Mahamad Arkan, 28 anni (tutti irreperibili) e Kadir Sharif, 52 anni, che sarebbe stato arrestato in Gran Bretagna.
Tutti loro, sia quelli rimasti in carcere che quelli in libertà, rimangono indagati. Quindi, rimangono potenzialmente coinvolti nei progetti terroristici, ma le indagini si faranno con loro in libertà. "l compito di un magistrato - ha detto Amato - non è di adottare un provvedimento popolare o impopolare, ma di valutare con assoluta serenità. Certo l'emozione per fatti gravissimi come quelli di Parigi colpiscono tutti come uomini, ma nel lavoro è ingiusto e non rispettoso farsi guidare da queste". Secondo lui non c'era motivo di tenere dentro i presunti jihadisti.
Però, mentre (troppo) spesso i cittadini italiani indagati vengono
tenuti agli arresti per lungo tempo, per i presunti jihadisti i magistrati hanno usato i guanti bianchi. Visto quello che sta accadendo in Francia e nel mondo, avremmo fatto a meno di saperli in libertà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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