Caffa era la porta d'oriente di Genova, che, con il Trattato del Ninfeo del 1261, aveva sottratto ai veneziani il controllo della costa di quella che oggi è la Crimea. Il più importante dei sette porti della Gazaria. Controllarla significava mantenere l'egemonia dei traffici nel Mar Nero. Sì decise quasi subito che combattere e morire per Caffa avesse perfettamente senso. Così si andò incontro a un primo assedio nel 1307-1308. I mongoli riuniti nell'Orda d'oro sotto il comando del loro Kan, Tokta, attaccarono la città. Malprotetta dalle sue fortificazione di terra battuta e legno dovette capitolare. Uzbek Kan, il successore di Tokta, si accorse che senza genovesi non si commerciava più. Venne trattata una pace col successore di Tokta, il principe Uzbek Khan. Ma Uzbek morì nel 1341. Ci fu un immediato riaccendersi delle tensioni, alimentate da un aumento dell'intolleranza religiosa tra i mongoli, da poco convertiti all'Islam, verso i cristiani. Ma a questo punto i bastioni di Caffa erano diventati mura vere. Si combatte a lungo e furiosamente. La popolazione cosmopolita della città era appoggiata dai rinforzi genovesi che arrivano costantemente via mare e che i mongoli non potevano fermare. Nel 1344 le forze della Repubblica si permisero di irrompere fuori dai bastioni e distruggere le macchine d'assedio. I mongoli dovettero battere in ritirata, lasciando sul terreno quasi 15mila morti. Tornarono l'anno seguente ma fu un altro disastro: nel loro campo esplose un'epidemia di peste. Abili combattenti a cavallo, abituati alle rapide scorrerie, erano inadatti a un combattimento di quel tipo. Allora il nuovo Kan, Gani Bek, disperato, ordinò l'uso dei trabucchi per gettare cadaveri infetti di peste oltre le mura di Caffa. Come raccontano le memorie di Gabriel de Mussis: «Si gettarono nella città quelle che sembravano montagne di morti, e i cristiani non potevano nascondersi da loro, né sfuggirvi, anche se ne gettarono quanti più potevano in mare». La popolazione fu falcidiata dal morbo, anche se la città sul momento non cadde. Ma da Caffa la peste si diffuse rapidamente, grazie ai ratti e alle navi, in molti porti europei. Era iniziata così la terribile peste nera che imperversò in tutto il continente. Ma non sarebbe stata l'ultima volta che popoli e nazioni si sarebbero sentiti costretti a uccidere e a morire per la Crimea. Per rendersene conto si può dare un'occhiata anche all'articolo dello storico militare Virgilio Ilari appena pubblicato sul secondo numero della rivista Domino dedicata all'Affondo russo e intitolato Le infinite guerre di Crimea. Troppi traffici, troppi commerci, troppi confini, troppe risorse dentro e attorno a quest'ultimo terminale tra Occidente e Oriente, del quale ricorre in questi giorni l'anniversario dell'annessione, manu militari, alla Russia nel 2014.
La Guerra russo-turca (1735-1739) iniziò a seguito di alcune azioni punitive nel Khanato di Crimea. Trentamila russi morirono mentre devastavano le fortezze dell'istmo di Perekop, che dà accesso alla penisola. Dovettero poi ritirarsi. E si andò avanti così per anni. Con la pace di Nyssa i Russi ottennero pochi vantaggi territoriali e si videro chiudere dalla Sublime Porta i traffici del Mar Nero. Era l'inizio di un clima di guerra permanente. La guerra russo-turca dal 1787 al 1792 scoppiò a causa dell'annessione della Crimea all'Impero russo. Come uno zolfanello buttato nella paglia fece precipitare nello scontro anche l'Austria (alleata dei russi) e la Svezia (spinta da Inghilterra e Prussia ad intervenire contro i russi). Alla fine la spuntarono i russi. I turchi potevano però chiudere comunque lo Stretto dei Dardanelli. E così si arrivò a due nuovi conflitti nel periodo 1806-1812 e nel 1828-29. Ma il vero redde rationem arrivò il 4 ottobre 1853. In quel caso a far salire la tensione alle stelle era stata una disputa fra Francia e Russia sul protettorato dei Luoghi santi nei territori ottomani. Quando la Sublime porta decise che spettasse ai francesi la Russia attaccò. Lo scontro divampò sul Mar nero dove la flotta russa colse una significativa vittoria su quella turca grazie a un nuovo tipo di artiglieria: i cannoni navali Paixhans, i primi a impiegare proiettili esplosivi ritardati. Contro navi di legno erano devastanti, un po' come oggi dei missili ipersonici... Francia e Inghilterra appoggiarono la Turchia. E il piccolo Regno di Sardegna sotto l'abile guida di Cavour si ricostruì una credibilità politica appoggiando Francia e Inghilterra, il che costringeva l'Austria a fare altrettanto a danno di Mosca, sua vecchia alleata nelle questioni turche. La guerra divampò su diversi fronti ma, di nuovo, il nocciolo al calor bianco delle operazioni si rivelò la Crimea. E soprattutto il lungo assedio a Sebastopoli. La città subì una serie di furiosi bombardamenti, nell'ultimo sulla città aprirono il fuoco quasi 800 cannoni. Ma fu solo un sanguinosissimo attacco francese al bastione Malakov a convincere i russi a ritirarsi, il 9 settembre del 1855. Una battaglia così infernale in una guerra così infernale, anche per l'effetto delle malattie, in primis il colera, che come al solito qualcuno pensò: mai più.
Nel 1941 Sebastopoli finì di nuovo sotto assedio, questa volta a opera delle truppe dell'Asse. A terra la Wehrmacht e un corpo d'armata romeno, via mare la 101esima flottiglia Mas italiana.
Sulla città i tedeschi usarono i più grossi pezzi d'artiglieria della Storia, tra cui un cannone da 800 millimetri di calibro e proiettili da 7 tonnellate. La città, devastata, cadde il 4 luglio 1942. Ma evidentemente la guerra è rimasta nel suo destino. Del resto il suo nome significa Città della gloria. Ma è una gloria che costa cara e gronda sangue.
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