Guerra tra vecchi in Arabia in palio c’è il trono saudita

«Dopo di me il diluvio». Re Abdallah non l’ha mai detto, ma non ha neppure nominato un erede. E così il suo ritorno sotto i ferri dopo la prima operazione d’ernia del disco dello scorso 24 novembre al New York Presbyterian Hospital agita più di qualcuno. E non solo in Arabia Saudita. Pensare che un quinto delle riserve mondiali di petrolio sia nelle mani di una dinastia ridotta a reparto geriatrico non è proprio rassicurante. Più dell’età e delle condizioni fisiche preoccupa però la debolezza politica dei singoli pretendenti al trono saudita. La prospettiva di una lunga e lotta per il potere è quella che più inquieta gli analisti. Se il malconcio e ormai 86enne re Abdallah si ritrovasse nell’impossibilità di tornare a guidare il regno lo scettro passerebbe, in teoria, al fratellastro Sultan bin Abdul Aziz. Ma quella candidatura non è certo una prospettiva di lunga durata. Il principe Sultan, ancorato da 48 anni alla carica di ministro della difesa, non è - viste le 82 primavere – un arzillo giovinetto. E più degli anni preoccupano gli acciacchi. Nel 2008 quando un tumore al colon lo porta nello stesso ospedale in cui è ricoverato l’augusto fratellastro molti lo danno per spacciato. Dopo una difficile operazione resta convalescente in Marocco fino a quando la recente trasferta sanitaria di Abdallah non lo costringe a tornare in patria per vegliare sul trono.
Pochi però scommettono sulla sue capacità di reggere il Paese. E la lista di quelli pronti a sbarrargli la strada è lunga ed agguerrita. In famiglia il serpente più insidioso è Nayef Bin Abdulaziz, il fratellino 77enne indiscusso proprietario da 35 anni della poltrona di ministro dell’interno. Da quel fratellino assai ambizioso devono guardarsi non solo Sultan e i suoi figli, ma anche gli alleati di Washington. Privilegiato per essere con Sultan uno degli ultimi sei “sudairi”, gli eredi in linea diretta della principessa Hassa Al Sudairi - la più potente e preferita delle mogli del re Ibn Saud fondatore del regno - il principe Nayef è considerato molto vicino ai circoli wahabiti più intransigenti. Le sue posizioni - apertamente espresse quando liquidò l’11 settembre come un complotto ebraico - mettono a rischio le modeste riforme politiche sociali introdotte da re Abdallah.
Non a caso il sovrano ha appena passato al figlio Mutaib il comando della Guardia Nazionale, primo chiaro tentativo di trasferire al figlio una discendenza riservata fin qui ai rivali del clan dei sudairi. Affidata al comando del futuro re Abdallah sin dal 1963, la Guardia Nazionale Saudita si è trasformata nei decenni in un’unità in grado di contrapporsi alle altre forze armate garantendo all’emergente Mutaib un’ineguagliabile strumento di potere. A rendere più intricato un gioco già complesso contribuisce l’inatteso rientro in patria del principe Bandar Bin Sultan, il 60enne figlio del principe Sultan ambasciatore a Washington dal 1983 al 2005. Dopo quel ventennio negli Usa, una serie di malanni e delle mai chiarite accuse di complotto Bandar si era di fatto ritirato in Marocco assieme al genitore.

Il suo improvviso ritorno, lo scorso ottobre, fa pensare a un tentativo di difendere le sorti di papà e di Khalid Bin Sultan, il fratello maggiore che rischia - nonostante i gradi di generale e la carica di vice ministro della difesa - di esser spazzato via dalle cariche di Mutaib e della sua Guardia Nazionale.

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