Nelle mire di Mao ma ora Xi ha fretta

Alla base della recente impennata delle tensioni su Taiwan c'è un elemento politico cinese

Nelle mire di Mao ma ora Xi ha fretta

Alla base della recente impennata delle tensioni su Taiwan c'è un elemento politico cinese: quella linea di «ringiovanimento nazionale» che all'ultimo Congresso comunista Xi Jinping ha fatto addirittura inserire in Costituzione. Essa prevede la fine del «secolo delle umiliazioni» subite dall'Occidente e annuncia un'era di grande potenza per la Cina. È evidente il parallelo con quanto sta facendo Vladimir Putin in Ucraina: come lui, Xi vuol passare alla Storia come l'uomo che ha elevato il suo Paese al ruolo di superpotenza globale. Ecco allora che Taiwan, l'anti-Cina liberale, prospera e filoccidentale, rappresenta più ancora di Hong Kong un cancro da estirpare, e la sua annessione forzosa il necessario passaggio verso una condizione geostrategica di livello superiore, che aprirebbe alla Marina militare cinese l'accesso al Pacifico fin qui contenuto dagli Usa.
Dalla sua fondazione nel 1949, Taiwan è sempre stata nel mirino di Pechino. Mao voleva conquistarla ma non aveva i mezzi, con i suoi successori la priorità del Partito è stata la crescita economica, mentre il ruolo geopolitico rimaneva come obiettivo di lungo termine. Con Xi tutto cambia: enorme sviluppo della forza militare, nuovo ruolo internazionale e sfida globale all'egemonia americana. Taiwan diventa esplicito obiettivo di annessione, anche con mezzi violenti. Data limite annunciata per la «riunificazione» è il 2049 (centenario della Repubblica Popolare), ma a Hong Kong si è visto che il 69enne Xi ha molta più fretta.

Già Donald Trump nel 2016 aveva fatto aperture storiche a Taiwan, facendo infuriare Pechino, ma Joe Biden è andato oltre: ha reagito alle minacce di annessione dichiarando che l'America difenderà Taiwan se attaccata. Nello scorso agosto, la visita a Taipei di Nancy Pelosi ha provocato come reazione settimane di minacciose manovre aeronavali attorno all'isola. In ottobre, al Congresso comunista, Xi ha ribadito che «la riunificazione avverrà in ogni caso». Strateghi americani avvertono che la loro previsione di un possibile attacco a Taiwan entro il 2027 è già superata: non si esclude nemmeno più il 2023.

Biden prende questo sul serio: ha inviato in una base Usa australiana sei superbombardieri B52 in grado di colpire la Cina. Razionalmente, questa guerra non conviene a nessuno (come quella in Ucraina), ma diventa sempre meno improbabile.

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