Haiti sprofonda nel caos, l’Italia cancella il debito

Oltre alle parole, i fatti. «Diamo la disponibilità, da ora, a cancellare il debito che Haiti ha verso l’Italia». L’impegno, preso claris verbis dal ministro degli Esteri Franco Frattini, equivale a un grosso rigo tirato sui 40 milioni di euro di debito estero che il governo di Port-au-Prince ha nei confronti del nostro Paese. «Vogliamo dare immediatamente questo riconoscimento - ha detto il ministro - perché può rappresentare un primo passo verso la ricostruzione». Un gesto di concreta generosità che si aggiunge agli altri 5 milioni già stanziati da Roma e destinati agli aiuti per l’emergenza e il primo soccorso. Gesto che arriva perdipiù in anticipo rispetto agli impegni finanziari che saranno annunciati oggi dall’Unione Europea. Si prevede che gli aiuti dei Ventisette dovrebbero situarsi tra i 20 e i 30 milioni di euro. Sarà anche decisa una strategia di coordinamento per la ricostruzione.
Frattini ha fatto poi il punto sulla situazione delle ricerche degli italiani residenti o presenti a vario titolo nel Paese caraibico: «Al momento sono meno di 10 quelli di cui non abbiamo notizie». Oltre 190 sono stati contattati e non ci sono novità negative rispetto ai giorni scorsi. Solo per tre, precisa la Farnesina, «vi sono ragioni per essere molto preoccupati». Comunque ieri, da sotto le macerie dell’hotel Christopher, dove potrebbero esserci anche due italiani funzionari dell’Onu, Guido Galli e Cecilia Cornero, si continuano a udire voci, seppure sempre più deboli. E gli scavi febbrilmente proseguono. «La nostra Unità di cooperazione e la Protezione civile - ha ribadito Frattini - si trovano stabilmente ad Haiti e continuano il loro lavoro».
Lavoro che non è tuttavia facile, né per gli italiani né per gli altri soccorritori arrivati da ogni parte del mondo sullo scenario di quella che è la più grave catastrofe della storia recente. L’Organizzazione mondiale della Sanità prevede che il bilancio finale si attesterà tra le 40 e le 50mila vittime anche se gli americani fanno una stima superiore alle 200mila unità. Senza dimenticare 250mila feriti e 1,5 milioni (se non più) di senzatetto.
Ma ora è la violenza a preoccupare di più. Proprio ieri la polizia ha dovuto fare fuoco su un gruppo di sciacalli, uccidendone uno, e si ha notizia di linciaggi compiuti anche dalla folla esasperata da questi predoni. Un problema denunciato anche dal generale Ken Keen, coordinatore degli aiuti americani. «Per fornire gli aiuti umanitari serve un clima sicuro, ma abbiamo avuto episodi di violenza che impediscono di sostenere il governo di Haiti e rispondere alle sfide che si trova ad affrontare questo Paese. Dovremo occuparci anche della sicurezza», ha detto Keen, ricordando altresì l’urgenza di riattivare i porti di Haiti. Un impegno massiccio, quello di Washington, con oltre mille militari già in zona e altri 12mila che dovrebbero arrivare oggi. Impegno peraltro ufficializzato ieri anche dalla visita di quattro ore a Port-au-Prince del segretario di Stato americano Hillary Clinton, atterrata con un C-130 della Guardia Costiera Usa carico di aiuti e soccorritori.


Intanto, mentre i volontari presenti ad Haiti lavorano ai limiti della resistenza fisica - «mai visto un numero così alto di feriti gravi e di amputazioni», dice l’organizzazione Medici senza Frontiere - dall’inferno di Port-au-Prince arriva anche qualche buona notizia. Qualcuno si è salvato spedendo sms da sotto le macerie. E nel supermarket crollato sotto al quale si presume sia sepolto l’italiano Antonio Sperduto, sono state estratte vive tre persone, tra cui una bimba di 7 anni.

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