Washington - Indiana-North Carolina. Le forche caudine della maratona fratricida democratica. Da diverse settimane, e fino a ieri, erano parse addirittura Scilla e Cariddi: la micidiale coppia di scogli su cui una delle navi superstiti di una Armada un tempo invincibile sarebbe andata a fracassarsi. All’apertura delle urne, invece, le aspettative tendono a farsi di nuovo più modeste: ridiventa possibile, anzi probabile, se guarda ai sondaggi, che Barack Obama e Hillary Clinton si spartiscano vittoria e sconfitta in misura più o meno uguale, che i loro più e i loro meno si annullino a vicenda e che Armageddon sia ancora una volta rinviata al prossimo martedì. Leggiamo gli umori dell’opinione pubblica come ce li hanno raccontati, proprio alla vigilia, gli istituti specializzati: in Indiana Hillary sarebbe in testa col 48 per cento contro il 44 per cento, in North Carolina sarebbe al comando Obama col 50 contro il 42 per cento. Cifre preziose che non dicono nulla, l’una e l’altra nell’ambito dell’«errore tecnico». Politicamente situazione non dissimile rispetto a un mese, forse due mesi fa: tutti sapevano che il North Carolina, che ha una folta popolazione di pelle nera quasi compattamente democratica, avrebbe rappresentato per Barack Obama un terreno potenzialmente fecondo e che invece l’Indiana, con il suo largo «proletariato» industriale bianco, sarebbe stata terreno di caccia per la Clinton. Così appariva uno o due mesi fa, così è oggi, come se nel frattempo non fosse successo nulla. Sono successe invece tante cose, la competizione fra i due compagni di partito si è trasformata in guerra aperta, la Clinton ha evocato e chiamato a raccolta risentimenti, passioni, pregiudizi, tradizioni di ogni genere, il fattore razziale è ricomparso in superficie, si è riacutizzato il contrasto fra «elitarismo e populismo». È emerso dalla oscurità di una chiesa di periferia il pastore Wright con la sua facondia e con le sedimentazioni di antichi risentimenti neri e tentazioni di «teologia della liberazione», i repubblicani hanno intravisto una «apertura» e si son dati da fare, più o meno discretamente, per aiutare Hillary un tempo arcinemica. E alla vigilia della nuova battaglia le posizioni sembrerebbero immutate.
Almeno secondo sondaggi, che però non dicono tutto. Rispetto a un mese fa, infatti, la candidatura Obama, che ieri ha comunque incassato l’appoggio di Tom Hanks e Stevie Wonder, ha mostrato segni di fragilità. Quelle che erano ipotesi quando Barack era poco più di uno sconosciuto, sono diventate sospetti. I fattori emotivi continuano a dominare ma le emozioni non sono più tutte le stesse, il risultato è una generale vulnerabilità di entrambi i candidati democratici e quindi una considerevole ripresa delle speranze repubblicane. Il «pari e patta» pare a molti non un dato statico, ma una «istantanea» di una situazione in movimento. I sostenitori della Clinton, in sostanza, sono in queste ore molto più fiduciosi di quelli di Obama. Non è cambiata, certo, la toponomastica politica dei due Stati. Gran parte dell’Indiana è effettivamente dominata da piccoli centri della vecchia industria e di elettori bianchi, patriottici, in difficoltà economiche, tradizionalisti, sensibili alle promesse terra terra (quella di Hillary di sospendere per i mesi estivi la tassa federale sulla benzina: si risparmierebbero, dice Obama, 30 dollari all’anno, ma l’idea non dispiace) più che ai progetti di riforma della Società. Voteranno per Obama le comunità di colore e le città con forte popolazione universitaria. Nel North Carolina entrambe queste minoranze sono più forti: c’è un «triangolo culturale» più esteso e di maggiore qualità, ci sono più elettori di origine africana, i «colletti blu» sono maggiormente impegnati nell’agricoltura che nell’industria.
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