Duilio ha compiuto 88 anni in settembre. Vive a Roma con la moglie Maddalena e tutte le mattine, con la scusa di fare la spesa, cammina per almeno tre ore. Eppure diciassette anni fa lo avevano dato per morto. Aperto e chiuso, come si dice quando non c’è più speranza. Aveva un tumore all’esofago al quarto stadio con metastasi diffuse. Quando lo hanno operato, al Policlinico di Roma, era il 1995 e di anni ne aveva 71: i medici avrebbero voluto asportargli completamente l’esofago e inserirgli un pezzetto di colon per permettergli le funzioni vitali. Doveva essere un intervento lungo sette ore, invece…“ è durato 20 minuti, lo hanno aperto e poi ricucito immediatamente ” ricorda Maddalena. Che in questa storia di malattia e cura è stata contrappeso e pilastro. Duilio e Maddalena sono una coppia inossidabile, di quelle che il tempo non scalfisce. La storia dell’uno è la vita dell’altro. Parlano insieme anche al telefono.
“Era il febbraio del ’95, digerivo male, avevo forti dolori alle spalle e al torace – se li sente ancora i disturbi, Duilio, mentre racconta - Il primo marzo mi ricoverano al Policlinico di Roma, terza clinica medica. Da quel giorno parte la trafila, le gastroscopie, i prelievi. L’intervento è fissato per maggio”. Maddalena ricorda il volto e i modi del chirurgo: “Si chiamava Di Matteo, ci spiegò nei dettagli l’operazione: via l’esofago per sradicare il cancro. Poi una parte del colon avrebbe sostituito l’esofago. Ma di fatto quell’intervento non si potè eseguire: la massa era voluminosa, toccava il diaframma, lo stomaco e il pancreas”.
Cosa vi disse il chirurgo?
“Di trattare il tumore con chemio e radio. E così iniziammo: 8 cicli della prima e 28 applicazioni della seconda, ma Duilio non concluse la cura, perdeva sangue, era molto sofferente. Il cancro si era ridotto ma non era sparito, in ottobre ci dimisero con una scatola di antidolorifici”.
E poi quale altra terapia?
“Nessuna. Mi dissero che con un tumore come quello, al quarto stadio, l’aspettativa di vita sarebbe stata di 4 mesi..”
Una tragedia…
“Non le dico… anche perché io ci credevo che Duilio ce l’avrebbe fatta, è un uomo forte. Durante la sua permanenza in ospedale io mi presentavo in reparto alle nove del mattino e uscivo alle nove di sera. Arrivavo con i termos, gli portavo il cibo passato, non poteva deglutire nulla. Non aveva più ferro, preparavo le lenticchie ma dovevo eliminare tutte le pellicine, anche le fragole: le passavo e le filtravo…”
Quando Duilio iniziò la cura Di Bella?
“Appena dimessi dall’ospedale. Fu mia figlia Paola a interessarsi. Conoscemmo il professore a Modena, poi però ci affidammo a un medico di Roma, Mauro Madarena, che tutte le settimane portava le cartelle cliniche e i referti dei pazienti a Luigi Di Bella e correggeva i dosaggi. Sentimmo ancora il professore al telefono, prima di morire, era il 2002 ci disse di non smettere la terapia”.
E voi?
“Non l’abbiamo mai interrotta dal dicembre del ’95 a oggi. Ora però Duilio prende solo la somatostatina, la terapia è diventata di mantenimento, il suo brutto cancro è rimasto immobile, senza energia e senza nutrimento…”
In compenso suo marito l’energia ce l’ha.
“Eccome se ce l’ha, gli esami vanno bene. Lui cammina tutti i giorni, si muove più di me che ho la sciatica. L’unica cosa che non deve fare è mangiare in fretta, deve masticare lentamente e poi ha le vene un po’ fragili, è lo strascico di tutte le medicine che ha preso”.
Quanto vi è costata la cura?
“E chi se lo ricorda più? L’abbiamo sempre pagata noi, con i nostri risparmi (mio marito ha fatto il geometra). Ultimamente ci costava solo 200 euro al mese perché la somatostatina (una siringa temporizzata è venduta a 1.
Lo so.
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