Hysteria, il curioso caso della nascita del vibratore

Una commedia romantica fresca, divertente, allusiva e mai volgare dedicata alla creazione più singolare tra quelle legate all'universo femminile

Hysteria, il curioso caso della nascita del vibratore

Una commedia romantica in costume che prende a pretesto la storia vera di una delle più singolari invenzioni dedicate all’universo femminile: il vibratore. Fresco, divertente, allusivo ma mai volgare, questo è “Hysteria”.

Mortimer Granville è un giovane medico che ha appena perso il posto a causa della sua fede in teorie ritenute troppo rivoluzionarie per la medicina dell’epoca. In cerca di un nuovo lavoro, lo trova ben presto in qualità di assistente presso lo studio del dottor Dalrymple, massimo esperto nella cura dell'isteria femminile mediante il massaggio manuale delle parti intime. Le clienti non mancano e il metodo risulta avere una grande efficacia. Almeno fino a quando fastidiosissimi crampi alla mano non costringeranno il bel Mortimer ad organizzarsi diversamente.

In mezzo alle spassosissime scene in cui le pazienti si sottopongono alle sedute mediche, il protagonista ha modo di rapportarsi con due incarnazioni opposte del femminile nelle figlie del dottor Dalrymple: la soave Emily, perfetta esponente della pudica età vittoriana e l’anticonformista e battagliera Charlotte ossia l’alba della donna moderna.

Ben realizzato, con modesti cenni a tematiche fondamentali come l’emancipazione femminile e la dicotomia tra vita comoda e vita utile. Imperdibile il solito Rupert Everett, qui nei panni, sia pur secondari, di un nobiluomo ironico, geniale e lascivo, amico del protagonista. D’accordo, compare poco e nel suo personaggio base e già visto, eppure non se ne ha mai abbastanza.

Il resto è ammiccamento a più pubblico possibile. Si spendono cento minuti del proprio tempo in una leggerezza senza pretese. 

La nascita del massaggiatore elettromeccanico, antenato del vibratore, è funzionale alla tesi secondo cui non esistono donne isteriche ma solo donne represse e oppresse da un’idea di autocontrollo e tacita sottomissione che è, semplicemente, contro natura, perché antitesi del femminile.

Per ovviare ad una serie infinita di sintomi quali ansia, pianto, irrequietezza, riottosità e malinconia, infatti, non occorre inventarsi una malattia dal nome isteria, come a fine

Ottocento, sembra dire simpaticamente il film; basta forse educare la popolazione maschile a rapportarsi in maniera più attenta e generosa al gentil sesso, a cominciare dall’ascoltarne le esigenze, di qualunque natura esse siano.

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