La macchina del tempo se la sono immaginata in ogni modo. Cabine, portali, perfino un'automobile. Ma se invece fosse un alambicco? Se attraverso la distillazione si riuscisse a fermare la storia e a tornare indietro al Settecento, quando gli schiavi africani morivano di fatica nelle piantagioni di canna da zucchero dei Caraibi? Si spiegherebbe così la magia del Clairin, il «rum dei poveri» di Haiti, un distillato così puro e antimoderno che sembra un reperto archeologico liquido. Per questo per difenderlo non c'è bisogno di Indiana Jones, ma di chi ha fatto della salvaguardia del patrimonio enogastronomico una missione: Slow Food. Che infatti ha lanciato il primo presidio haitiano per la tutela, la riscoperta e la valorizzazione del Clairin tradizionale. Un lavoro finora portato avanti soprattutto dal genovese Luca Gargano, che con la sua azienda Velier ha rivoluzionato il panorama mondiale del rum.
Il presidio riunisce 12 produttori artigianali, dodici apostoli del metodo più arcaico e genuino di produzione: uso di sola canna da zucchero autoctona e divieto di prodotti chimici. Da secoli - in questa terra straziata da terremoti, epidemie e dittature il Clairin si fa così. E da secoli accompagna i riti voodoo, le danze creole, i ritmi morbidi di un paese «dove vivere per davvero è ancora legale», come piace dire a Gargano.
Per capire cos'ha di speciale questo rhum agricole, ovvero ricavato da puro succo di canna e non da melassa, occorre capire la gente che lo produce. Ad Haiti le microdistillerie sono oltre 500, caso eccezionale nei Caraibi. Questo significa che ogni produttore è agricoltore e distillatore allo stesso tempo e quindi tutti i Clairin saranno diversi a seconda del terroir e della mano del produttore. Unici come impronte digitali.
Il nome deriva da Kleren, che in creolo significa «chiaretto». Lo «spirito di Haiti» infatti nasce come rum bianco non raffinato, non invecchiato, ideale per quei «piccoli pugni» a base di frutta che sono i cocktail Ti'Punch. Sono bianche le 3 varietà importate in Italia da Velier, anche se esistono le versioni «ansyent» invecchiate fino a 27 mesi.
Ogni etichetta porta il cognome del suo «demiurgo»: il Vaval è di grande freschezza, con note di cetriolo e coriandolo che si uniscono a sentori pungenti di spezie e a un finale secco; il fruttato Sajous esalta l'essenza della canna, con forti sentori di pera, mandarino e menta; il Casimir, che nasce in una zona isolatissima e unisce erbe alla fermentazione della canna, è molto complesso, con pesanti note di tartufo e idrocarburi e un palato di zucchero bruciato.Tutti, comunque, hanno un profumo ancor più inconfondibile: quello di un pezzo di mondo che si ostina a non correre alla velocità degli altri per non perdere la sua anima. AMil
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