Ingannati dagli indiani, difesi senza convinzione dagli italiani. I guai del capo di prima classe Massimiliano Latorre e del sergente Salvatore Girone, i due marò accusati di omicidio, non sono solo la conseguenza dei tranelli e delle manovre poche limpide delle autorità indiane, ma anche dell'arrendevolezza della nostra diplomazia. Una diplomazia che ha ceduto agli ultimatum senza esigere lesibizione duno straccio di prova. Questatteggiamento accondiscendente sta causando diffusi malumori negli ambienti militari.
Per molti alti ufficiali di marina ed esercito, la decisione di consegnare i nostri due soldati è stata affrettata e superficiale. Soprattutto perché - come sottolineano al Giornale fonti dello stato maggiore della Marina - «non è stata ancora depositata alcuna prova della loro colpevolezza». La più semplice e chiara sarebbe stata lesibizione di eventuali proiettili ritrovati sullimbarcazione dei pescatori uccisi. Anche un solo proiettile di calibro corrispondente alle armi in dotazione renderebbe più plausibile il fermo dei fucilieri di marina. Eppure nonostante la mancanza di questa e altre evidenze la diplomazia italiana ha inseguito la strada dellaccordo e del compromesso accettando di far sbarcare dalla «Enrica Lexie» i due nostri marò. Chi lha deciso? E la decisione è stata concordata con le autorità militari e con il ministero della Difesa? A questa domanda del Giornale la Farnesina non fornisce delucidazioni. I portavoce del Ministro della Difesa rispondono rinviando al comunicato con cui il ministero degli Esteri accusa gli indiani di decisione unilaterale. Un modo elegante per far capire di non aver partecipato alla decisione e di non condividerla.
Il comunicato emesso domenica dalla Farnesina usava il termine «decisione unilaterale» per far intendere che in caso di mancata consegna dei sospetti le autorità indiane sarebbero andati a prenderseli con la forza. Il timore di dover affrontare un simile braccio di ferro ha convinto la nostra diplomazia a cedere alle pressioni. Ma lerrore più grave, ripetono al Giornale fonti militari, è stato quello di calar le brache pur sapendo di aver davanti un giocatore scorretto. O addirittura un baro. Ieri sia lo stato maggiore della Marina militare, sia il Ministro della Difesa confermavano ufficialmente che la «Enrica Lexie» è stata attirata nel porto di Kochi con un «sotterfugio». Al comandante Umberto Vitelli - già in navigazione in acque internazionali - è stato chiesto di invertire la rotta e raggiungere le banchine per riconoscere unimbarcazione con armi a bordo sospettata di aver partecipato allattacco alla petroliera. In porto si è immediatamente capito che non esistevano imbarcazioni sospette, ma solo la volontà dintrappolare gli italiani. La malafede degli indiani viene denunciata, del resto, anche dal ministro degli Esteri Giulio Terzi quando ammette che le elezioni in corso nello stato indiano di Kerala «rischiano di poter avere qualche influenza sullindagine e sulle autorità giudicanti».
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