Epica fu la vittoria di Bartali al Giro di Francia del 1948 che, secondo molti autorevoli osservatori, avrebbe addirittura risparmiato all'Italia una sanguinosa guerra civile dopo l'attentato a Togliatti. Ma a riprova che i grandi eventi sportivi riescono a distrarre gli animi dalla politica, ecco arrivare dalla Cisgiordania una conferma: durante i Mondiali sudafricani, gli attacchi a colpi di pietre dei palestinesi contro i soldati israeliani, la cosiddetta «Intifada», si sono ridotti del 50 per cento.
Grosso modo quel che successo in Italia dopo il 14 luglio del 1948. Erano le 11.30 e il baratro sembrò spalancarsi sotto i piedi dell'Italia quando Palmiro Togliatti, appena uscito da Montecitorio insieme a Nilde Iotti, venne ferito con due colpi di calibro 38. Antonio Pallante, giovane di origini campane, iscritto al blocco liberale qualunquista, colpì il «Migliore» alla nuca e alla schiena, mentre una terza pallottola gli sfiorò la testa. Ricoverato d'urgenza, Togliatti viene operato da Pietro Valdoni, considerato il più illustre clinico italiano del Novecento.
Nel giro di poche ore la notizia fece il giro del Paese e centinaia di migliaia di persone scesero in piazza fronteggiati dalle forze dell'ordine. Durissimi gli scontri a Roma, Napoli, Genova, Livorno, Taranto, La Spezia e Abbadia San Salvatore, nel senese, finiti con una ventina di morti. Appena ripresosi dall'intervento chirurgico, Palmiro Togliatti, ancora debolissimo, lanciò un messaggio alla radio per invitare i militanti alla calma. Ma già, racconta la vulgata, il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e il suo allora giovane sottosegretario Giulio Andreotti avevano telefonato a Gino Bartali, in quel momento in Francia per il «tour», chiedendogli la vittoria per placare gli animi. Impresa apparentemente impossibile, perché il vecchio campione ormai trentaquattrenne, aveva venti minuti di ritardo dalla maglia gialla Louison Bobet. Ma il toscanaccio riprese il francese nelle due tappe sucessive: la Cannes-Briançon, con le scalata dei Colle d'Allos, di Vars e dell'Izoard, dove in particolare è ricordato con una stele, e la Briançon-Aix-les-Bains, di 263 chilometri, attraverso i colli del Lautaret, del Galibier e della Croix-de-Fer. Una cavalcata trionfale seguita da tutta Italia alla radio che in questo modo scordò la rivoluzione. E Bartali, al suo rientro, venne accolto come un salvatore della Patria.
Grosso modo quel che sta succedendo in Cisgiordania dove alla radio si è sostituito il televisore, davanti al quale si sono messi in migliaia. L'area corrisponde alle antiche Giudea e Samaria, si estende su 5.860 chilometri quadrati, più o meno una media provincia italiana, dove vivono circa 2.163.000, in maggioranza palestinesi. Fino alla fine della Prima Guerra Mondiale faceva parte dell'impero Ottomano per poi diventare un protettorato britannico. Nel 1948 fu conquistata dalle truppe giordane che rimasero in Cisgiordania fino al 1967 quando, al termine della «guerra dei sei giorni», furono cacciate dall'esercito israeliano, ancor'oggi presente in Cisgiordania. Anche se con grandi problemi di ordine pubblico, visti i continui incidenti che scoppiano pressoché quotidianamente tra palestinesi e truppe d'occupazione. Il copione prevede rapide incursioni di gruppi di giovanissimi armati di sole pietre, una strategia conosciuta come «Intifada» che in arabo significa «rivolta, sollevazione». O meglio tutto questo fino a un paio di settimane fa, quando sono iniziate le partite dei mondiali sudafricani che hanno subito catalizzando l'attenzione generale. Gli arabi infatti, anziché scendere in strada a tirar pietre contro i militari con la stella di Davide, hanno preferito rimanere in casa a seguire le vicende degli eroi della pedata.
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