"I musei? Modello vecchio. Il futuro è contaminazione"

"Mettere in relazione Damien Hirst con Bernini, come ha fatto di recente la Galleria Borghese"

"I musei? Modello vecchio. Il futuro è contaminazione"

Carlo Vanoni, è critico d'arte e promotore di BienNoLo, una delle rassegne più innovative nel settore del contemporaneo.

Vanoni, cosa le fa venire in mente la parola «museo»?

«Parafrasando Raymond Carver: a che cosa pensiamo quando pensiamo a un museo? L'Italia ha circa 5.000 tra musei, aree archeologiche e monumenti aperti al pubblico: un comune italiano su tre vanta una struttura a carattere museale. Tre quarti non supera i diecimila visitatori l'anno. Quindi, direi che quando pensiamo al museo ci vengono in mente gli Uffizi, le Gallerie dell'Accademia (Venezia e Firenze), i Musei Vaticani, il Museo Egizio di Torino e qualche altro ancora che espongono solo una parte delle collezioni».

Quello delle opere «in eccesso» è un problema?

«Ma siamo sicuri che tutti i musei abbiano lo stesso problema? E se sì, si tratta di opere che vale la pena esporre, oppure di opere per le quali la conservazione (uno degli scopi dei musei) assolve ed esaurisce ogni esigenza? La valorizzazione dei tesori nascosti potrebbe forse passare dalla messa a disposizione delle opere a favore dei musei minori, con prestiti o mostre temporanee che li renderebbero più attrattivi».

C'è una criticità specifica nel sistema museale italiano?

«Mi pare che il problema principale sia, appunto, costruire collezioni attrattive. Occorrono donazioni di qualità o disponibilità economiche per ospitare grandi artisti viventi e mostre di livello internazionale. In Italia abbiamo una generazione di artisti cresciuta negli anni '90 che meriterebbe una grande mostra per fare il punto sugli ultimi trent'anni».

Il museo è ancora il luogo deputato per sancire il valore storico ed economico di un artista?

«Per quanto riguarda l'impronta che un artista lascia nella storia dell'arte, sì. Per quanto riguarda il mercato, direi di no. Quest'ultimo passa attraverso altri canali: fiere internazionali, aste, collezionisti privati, fondazioni, galleristi. Anche se ora si va affermando la tendenza alla smaterializzazione tramite NFT su piattaforme blockchain, che sembrano al di fuori di tutto il sistema».

C'è una strada per rendere il museo più moderno?

«Il museo è un concetto vecchio, perché rimanda a una sorta di cimitero dove opere pensate per stare altrove si trovano giustapposte al fine quasi unico di conservarne la memoria. La didascalia corrisponde più o meno all'epitaffio. Come la giornata dei defunti è il 2 novembre, quella dei musei è grossomodo il lunedì di Pasquetta. Tutto mentre la vita scorre da un'altra parte. Per questo, non mi dispiacciono le contaminazioni tra arte contemporanea ed antica, come il recente esperimento della Galleria Borghese in cui sono state messe in relazione le opere di Damien Hirst con le sculture della collezione (Bernini in primis)».

Il futuro dei musei sarà in 3D?

«Rispondo con una domanda: il futuro delle vacanze sarà guardare le Maldive sul telefonino, o fare snorkeling intorno all'atollo? In fondo, noi parliamo delle Maldive anche senza esserci mai stati, allo stesso modo in cui parliamo

di Monna Lisa, senza essere stati al Louvre. Il punto è un altro: siamo turisti o viaggiatori? Il turista dell'arte si accontenta delle immersioni virtuali; lo studioso e il viaggiatore preferiscono il contatto diretto».

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