A soli 19 anni ha l'Alzheimer: è il paziente più giovane mai registrato

I primi sintomi sono comparsi quando il ragazzo frequentava il liceo. Di solito la patologia è legata a una mutazione genetica, ma non in questo caso

A soli 19 anni ha l'Alzheimer: è il paziente più giovane mai registrato

A soli 19 anni è il ragazzo più giovane al mondo affetto dalla malattia di Alzheimer precoce. Lo hanno scoperto un gruppo di neuroscienziati cinesi, guidati dal professor Jia Jamping, neurologo del Friendship Hospital e del National Clinical Reasrch Center for Geriatric Diseases di Pechino appurando che si tratta di un caso piuttosto singolare. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore Journal of Alzheimer's disease e rilanciato dal quotidiano cinese online South China Morning Post. "Se venisse confermato da ulteriori analisi questo sarebbe il più giovane malato al mondo” commenta il professore Paolo Maria Rossini, Responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell'IRCCS San Raffaele precisando che "in realtà i casi di demenza di Alzheimer a esordio ‘giovanile’ non sono una rarità e una novità, ma 19 anni costituisce realmente un record".

La malattia di Alzheimer ad esordio precoce

A differenza di quella tipica dell'età senile, la malattia di Alzheimer ad esordio precoce interessa le persone con età inferiore ai 65 anni. Chiaramente rappresenta una percentuale molto bassa di tutti i casi di Alzheimer accertati (la percentuale oscilla tra il 5 e il 10 per cento). Generalmente, i pazienti più giovani presentano delle specifiche mutazioni genetiche (PS, PS2, APP) che sono indicative di una predisposizione alla malattia. Nel caso del 19enne, però, non risultano anomalie. Circostanza che rende l'intera vicenda ancora più singolare.

La storia del 19enne

Tutto è iniziato quando, ancora 17enne, lo studente ha cominciato ad avere difficoltà di concentrazione. L'anno successivo, la situazione è peggiorata: non riusciva più a ricordare cosa fosse successo il giorno precedente e a svolgere con disinvoltura delle semplici attività. Via via, la sua capacità di memoria è diminuita. Non solo non ricordava dove avesse riposto gli oggetti, ad esempio, ma faceva fatica a leggere o a terminare i compiti. Dunque, è stato costretto ad abbandonare gli studi.

Lo studio

Il giovane è stato sottoposto a un test standardizzato della memoria, regolarmente riconosciuto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'esame ha evidenziato che le sue capacità menmoniche erano fortemente compromesse. Il 19enne, seguito da un gruppo di scienziati del National Clinical Research Center for Geriatric Disease di Pechino, è stato sottoposto a risonanza magnetica. Dalla risultanze è emersa una ipertrofia dell'ippocamo bilaterale e un ipermetabolismo nel lobo temporale bilaterale. La diagnosi definitiva ha poi fugato ogni dubbio: malattia di Alzheimer ad insorgenza precoce.

Un caso singolare

Un aspetto singolare riguarda il fatto che nel caso del 19enne non sono state trovate traccia di beta amiloide, una mutazione tipica delle malattie neurovegetative. "Le pet con tracciati per l’amiloide - spiega al Corriere.it il professore Alessandro Padovani, direttore della Clinica di Neurologia all'Università di Brescia - sono positive in buona parte dei pazienti con Alzheimer, ma non in tutti. Esistono mutazioni a carico dell’amiloide che non vengono intercettate da questo esame. È probabile che data la giovane età del paziente non vi siano le placche senili di solito identificate nella maggior parte dei cervelli di persone in età avanzata perché non si sono ancora verificate quelle condizioni legate all’invecchiamento che predispongono alle forme aggregate; ma è anche vero che l’amiloide può accumularsi in forma solubile e dare origine agli effetti neuropatologici indipendentemente dalle placche". Quanto allo studio, concludono gli scienziati "ha l’obiettivo di porre attenzione alla malattia di Alzheimer ad esordio precoce" che potrebbe diventare la nuova sfida per il futuro.

Il neurologo Rossini: "Non sono né una rarità né una una novità ma a 19 anni è un record"

"I casi di demenza di Alzheimer a esordio 'giovanile' non sono una rarità e una novità, ma 19 anni costituisce Realmente un record", spiega il professore Paolo Maria Rossini, Responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell'IRCCS San Raffaele. "Grazie al miglioramento dei metodi di indagine (test neuropsicologici, risonanza magnetica, test genetici, analisi del liquor, TC ad emissione di positroni, elettroencefalogramma) e all’aumentata sensibilità e attenzione dei medici e delle famiglie - continua il neurologo - sono sempre di più i malati diagnosticati prima dei 65 anni, e rappresentano ad oggi fra il 5 e il 10% di tutte le diagnosi". L'Alzheimer, come molte altre patologie neurodegenerative "lavora nel buio anche per decenni - precisa l'esperto - e si palesa solo dopo che tutta la 'riserva neurale e cognitiva' rappresentata da neuroni-circuiti nervosi-sinapsi presenti dalla nascita, ma silenti sul piano funzionale, è stata consumata. Come se una squadra avesse tanti giocatori in panchina pronti a sostituire quelli che si fanno male. Come detto questa patologia lavora nel buio anche per 25 anni, e per questo motivo tendiamo a pensare che colpisca solo gli anziani, ma non è assolutamente così".

Circa il caso del 19enne "c’è da capire perché, in questo giovane in particolare e in tutte le forme giovanili in generale, - conclude l'esperto - la riserva neuronale/cognitiva sia stata così esigua da permettere l’esordio dei sintomi in età molto più precoce”.

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