"È come il 1996: pronti a traversata del deserto"

L’ex ministro Scajola rievoca gli anni della rimonta: come allora il Pdl può rinnovarsi. Alfano sarà la nostra guida, Berlusconi il regista

"È come il 1996: pronti a traversata del deserto"

Onorevole Claudio Scajo­la, come giudica lo stato di salu­te del Pdl? 
«Come tutti i partiti vive una cri­si di popolarità presso l’opinione pubblica. Berlusconi, però, ha avuto il merito di capirlo e di indi­viduare un segretario politico gio­vane
 e capace». 

Lei è stato una delle anime criti­che del partito. 
«È vero. Di fronte a crisi econo­mica e attacchi speculativi,
 ho sol­lecitato risposte più incisive. Ci so­no s­tate fibrillazioni quando mol­ti si sono resi conto che da soli non si poteva reggere.Ma l’unità non è venuta meno».

Vede analogie tra il momento attuale e la «traversata del de­serto» post ’96?
«Dopo quella sconfitta molti editorialisti ritenevano che “la li­sta civica di Berlusconi” sarebbe stata spazzata via. Berlusconi, in­vece, trovò la forza per radicare il partito sul territorio e battersi per l’ingresso nel Ppe dove era guarda­to con sospetto. Oggi come allora il Pdl ha bisogno di trasformarsi in un partito moderno. È figlio di una grande intuizione ma per troppo tempo si è chiuso in se stes­so. In questo senso va asseconda­ta e stimolata l’azione di Alfano».

Esiste però un problema di si­stema. Politica sommersa da­gli scandali e sempre più di­stante dal Paese.
«La mia posizione è drastica: il fi­nanziamento pubblico va aboli­to. Bisogna avvicinarsi alle demo­crazie occidentali. Chi vuole con­tribuire lo segnala nella denuncia dei redditi. Un modo per creare un rapporto più stretto tra cittadi­ni e partito». 

Non teme che aumenterebbe­ro i casi di corruzione? 
«Anche oggi i casi di corruzione non mancano. E poi non possono essere erogati dallo Stato rimbor­si che rimborsi non sono».

Che idea si è fatto della vicenda Lega?
«Per esperienza personale diffi­do dei processi sommari fatti in tv e sulla carta stampata con spezzo­ni di verbali. Bossi, con tutte le sue esuberanze caratteriali e politi­che, è una persona per bene. Gli al­tri li conosco poco».

Esiste il rischio che Pdl e Lega si allontanino ulteriormente?
«Il rapporto è da tempo deterio­r­ato e le scelte per le amministrati­ve, alle quali voteranno dieci mi­lioni di persone, allargano ulte­riormente il solco. Tutto questo mentre la sinistra, divisa su Mon­ti, si presenta unita per opportuni­smo. Anche per questo sono favo­revole a una legge elettorale che non obblighi a coalizioni innatu­rali e favorisca la sfida tra i maggio­ri partiti». 

Il Pdl oggi è in difficoltà sul fronte delle alleanze. 
«A Berlusconi vanno ricono­sciuti due momenti di ecceziona­le grandezza. Il primo nel ’94 con la vittoria contro la macchina da guerra di Occhetto. Il secondo con le sue recenti dimissioni, un passaggio da grande statista in cui ha anteposto l’interesse del Paese a quello personale. Sono fiero di aver consigliato all’amico Silvio un passo indietro. Oggi sono con­vinto che in Alfano ci sia il poten­ziale per guidarci verso il partito dei moderati. E in Berlusconi col­go la volontà di essere il regista di questa costruzione».

Sul territorio si moltiplicano li­ste simil-Forza Italia.
«Di fronte alla crisi dei partiti le fughe nostalgiche, spesso figlie di contrasti sul territorio, sono inevi­tabili. Io dico che ci vuole un parti­to moderno, più federalista quin­di, non necessariamente con le stesse regole da Agrigento ad Ao­sta. Serve dialogo tra il centro e il territorio».

Lei è sempre stato scettico sui congressi.
«Ho criticato le regole un po’ pa­sticciate e il fatto che le tessere ri­spetto all’aria che tira fossero un po’ troppe, spinte da potentati lo­cali. Dobbiamo costruire un parti­t­o più degli elettori che degli iscrit­ti ». 

Cosa le piacerebbe portare di Forza Italia nel Pdl? 
«La freschezza, l’entusiasmo, il senso di squadra.

La storia si deve ricordare ma dobbiamo fare cose nuove, unendo l’esperienza con la modernità. Non possiamo esse­re tutti centravanti, serve lo spiri­to di gruppo e il confronto. Sotto la regia di Alfano e di Berlusconi».

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