Ambrogino d'oro a Cenati, l'uomo che ha detto "no" al settarismo Anpi

Dopo 9 anni ha lasciato la presidenza dell'associazione partigiani in polemica con i vertici nazionali: "Il conflitto israelo-palestinese è drammatico, ma non è un genocidio"

Ambrogino d'oro a Cenati, l'uomo che ha detto "no" al settarismo Anpi
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Un Ambrogino d’oro, a un uomo di sinistra, ma contro il settarismo della sinistra e dell’Anpi. Nel giorno dedicato alle celebrazioni del patrono, a Milano è stato premiato con la massima onorificenza comunale Roberto Cenati, a lungo presidente milanese dell’Associazione dei partigiani. Un premio importante, quello proposto da Daniele Nahum, esponente della Comunità ebraica, che il Consiglio comunale non ha potuto non dare (nonostante qualche ritrosia di settori estremi) a un uomo che ha preso posizioni importanti, con grande rigore morale e intellettuale.

Nove mesi fa, infatti, Cenati ha lasciato il suo incarico alla guida della sezione Anpi più importante d’Italia, in polemica con i vertici nazionali dell’associazione che - anche in vista del 25 aprile - avevano insistito nell’usare la categoria di «genocidio» per i fatti in corso a Gaza, così schierando l’organizzazione nell’ampia mobilitazione estremista contro Israele che è in corso da quando lo Stato ebraico ha deciso di regolare i conti con i terroristi, di Hamas e di Hezbollah.

Commentando il premio, e rispondendo alle domande dei giornalisti, Cenati non si è tirato indietro. «Il conferimento della Medaglia d’oro ha un significato importantissimo» ha detto a margine della cerimonia al teatro Dal Verme. «È un riconoscimento di un’attività che ho svolto per 13 anni come presidente dell’Anpi provinciale - ha spiegato - Io l’ho fatto con grande passione stabilendo un ottimo rapporto con le istituzioni, le autorità pubbliche, le associazioni, la comunità ebraica di Milano e tutti i cittadini». E a chi gli chiedeva se questo riconoscimento arrivasse dopo un momento difficile - riferimento alla rottura con i vertici nazionali Anpi - Cenati ha ammesso: «Lo è stato, nel momento in cui non condividevo e non condivido tuttora il termine genocidio che, come dice la senatrice Liliana Segre, va usato soltanto in particolari circostanze e non va generalizzato. Altrimenti tutte le guerre sarebbero un genocidio». «Genocidio - ha precisato - significa pianificazione studiata a tavolino, come è stata da parte dei nazisti nei confronti degli ebrei, sterminio di un intero popolo e di un gruppo sociale. Non è quello che sta succedendo nella pur drammatica situazione del conflitto israelo-palestinese».

È chiaro che l’accusa di «genocidio» è ispirata da pulsioni antisemite - consapevoli o no - e rivisita lo stereotipo antisemita per antonomasia: l’accusa di «deicidio».

Cenati si è sottratto a questa narrazione odiosa e irresponsabile, e anche col sostegno cristallino alla causa ucraina ha preso le distanze dai riflessi filo Putin tanto in voga in certi settori della sinistra estrema, confermando così di essere uno dei pochi interpreti rimasti di un antifascismo serio e nobile, purtroppo sempre più raro anche a Milano.

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