Arriva il contratto per i conviventi

Diritti, doveri, patrimonio e figli senza sposarsi. Un accordo legale sancirà le regole delle coppie di fatto

Arriva il contratto per i conviventi

Prima è stata la volta dei Comuni che con Pacs, Dico e registro delle unioni civili per anni hanno cercato di disciplinare le convivenze in Italia. Adesso, per tutelare le coppie che vivono insieme ma scelgono di non sposarsi, scendono in campo i notai. E lo fanno con un vero e proprio accordo legale: il contratto di convivenza. Sarà possibile stipularlo a partire da sabato 2 dicembre ed è aperto a tutti: eterosessuali e gay. Prima, il 30 novembre, sarà possibile ottenere tutte le informazioni in modo gratuito, nel corso dell'open day organizzato dai Consigli notarili distrettuali. L'obiettivo è colmare il vuoto legislativo che, nel nostro Paese, non garantisce i diritti delle persone non sposate.

Così, in attesa che il Parlamento concluda il suo lunghissimo dibattito sull'opportunità di mettere a punto una vera e propria legge che disciplini le unioni di fatto, il Consiglio nazionale dei notai si è mosso in modo indipendente.

«Il nostro obiettivo è prima di tutto disciplinare gli aspetti patrimoniali delle persone che vivono sotto lo stesso tetto - spiegano i notai -. L'idea di mettere a punto questo contratto è nata dalla consapevolezza che nel nostro Paese ormai si avverte un'esigenza molto forte di dare voce anche a chi ha scelto di non sposarsi. Insomma, dall'attenzione molto forte che il Notariato ha nei confronti della società e dei suoi bisogni». Per fortuna intorno a questo progetto non si sono sollevate polemiche, né da parte della Chiesa né da parte delle organizzazioni omosessuali.

Proprio per non alimentare le preoccupazioni che, immancabilmente, si scatenano quando si discute delle unioni di fatto in Italia, i notai precisano che «non si tratta assolutamente di un matrimonio. Questo istituto, anche con il solo rito civile, obbliga i coniugi alla reciproca fedeltà. Il nostro contratto non contiene nulla del genere, ma solo una serie di clausole che garantiscono gli aspetti patrimoniali dell'unione». Quindi per esempio il possesso della casa, l'acquisto di beni comuni, la possibilità che un partner vada a trovare il suo compagno in ospedale quando sia in pericolo di vita. «Il nostro contratto disciplina molti aspetti fondamentali per chi vive insieme - prosegue Domenico Cambareri, consigliere nazionale del Notariato -. Si tratta di un atto pensato per le esigenze di ogni coppia, attraverso una serie di clausole aggiuntive, (come per esempio per disporre dei propri beni attraverso il testamento, ndr). Disciplina materie quali le modalità di partecipazione alle spese comuni, la definizione degli obblighi di contribuzione reciproca nelle spese della coppia o nell'attività lavorativa domestica ed extradomestica. Ma anche i criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza, di uso della casa adibita a residenza comune e le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza».

Il contratto (per il quale non esiste un costo “fisso”, proprio perché non ha una formula standard) è un atto scritto, redatto dal notaio, attraverso il quale la coppia definisce insomma le regole della propria vita insieme, senza che l'atto possa essere sciolto per il volere di una sola parte. In questo modo l'accordo acquisisce una valenza giuridica, che permette di impugnarlo davanti a un giudice nel caso in cui non venga rispettato. «Il contratto regola anche qualche aspetto del diritto di famiglia, anche se in questo ambito i margini di azione in Italia sono ancora molto limitati - conclude Cambareri -.

Non è possibile alcuna forma di accordo con riferimento alle adozioni, ma grazie a questo contratto è possibile definire gli obblighi che ciascun genitore, anche non sposato, è chiamato a rispettare. Purché siano improntati alle eslusive esigenze del bambino. I piccoli in questo modo sono più garantiti, perché se la mamma o il papà non rispettano l'accordo possono essere portati davanti a un giudice».

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