Poiché la vita ha in fondo una sua geometrica eleganza, forse è giusto che la carriera del Berlusconi imputato si chiuda così: sulla prima pagina del Corriere della sera. Fu il quotidiano milanese, nel dicembre 1994, a dare il via alla carriera giudiziaria del Cavaliere. Ed è sempre il Corrierone, e sempre sulla sua prima pagina, che oggi innesca - scovando l'intoppo di cui neanche la Procura si era accorta - la macchina che tra venti giorni potrebbe trasformare per la prima volta Berlusconi in un condannato definitivo. In mezzo è successo di tutto: assoluzioni, prescrizioni, leggi più o meno ad personam, show in aula, picchetti sulle scale, cortei di popolo. Ma i processi a Berlusconi sono sempre stati anche (e forse soprattutto) processi a mezzo stampa. Fughe di notizie e fughe in avanti hanno costellato tutti i processi del Cavaliere, da Mills a Ruby, da Sme ai diritti tv. Diversi giornali ci hanno messo del loro. Ma, senza mancare di rispetto agli altri organi di stampa, è in via Solferino, nelle antiche stanze del Corriere, che tutto è cominciato. Così, quando stamane la prima pagina del quotidiano ha fatto sobbalzare il mondo della politica, la sensazione di un cerchio che si chiudeva è stata forte. E forse lo stesso Berlusconi deve avere vissuto la lettura del giornale come una nuova, sgradevole puntata della sua lunga e tormentata storia con il giornale della sua città.
Stavolta, a differenza che nel 1994, non è stato violato nessun segreto. Diciannove anni fa furono due baldanzosi cronisti di giudiziaria, Goffredo Buccini e Gianluca Di Feo, a portare sulla scrivania dei capi lo scoop che avrebbe affossato di lì a poco il primo governo di Berlusconi: l'avviso di garanzia che, mentre le rotative di via Solferino scaldavano i motori, un colonnello dei carabinieri portava a Napoli, dove Berlusconi presiedeva il G8. Di come la notizia fosse fuggita dalle stanze della Procura, si occupò una inchiesta della Procura stessa, senza curiosamente giungere a nulla. Da allora ipotesi e dietrologie continuano, e che la verità possa essere la più lineare e banale - il duro lavoro di due cronisti di razza - molti non riescono proprio a digerirlo.
Altro paio di maniche oggi: nessuna fuga di notizie, l'inviato del Corriere Lugi Ferrarella scopre nelle pieghe del fascicolo dei diritti tv ciò che pm e giudici non avevano notato, e cioè che il processo a settembre rischiava di inabissarsi. Sarà sicuramente vero che, come ora giurano in Cassazione, già l'1 luglio dagli uffici giudiziari di Milano fosse partito un fax che allarmava sui rischi incombenti. Ma per una settimana non era accaduto nulla. E' solo l'articolo del Corriere a mettere in moto procura e giudici per cercare di trovare una sistemazione in extremis al pasticcio che potrebbe salvare Berlusconi, fino a quando la Cassazione fissa d'urgenza il processo per il 30 luglio. Oggi il Corriere ha fatto un lavoro, direbbero gli americani, più di analisys che di intelligence. D''altronde Ferrarella è noto, nel palazzo di giustizia milanese, per la meticolosa attenzione agli aspetti giuridici anche più sottili delle vicende di cui si occupa: e non a caso qualche anno fa due giornalisti rivali dovettero sentirsi dire da uno dei procuratori aggiunti della Repubblica: "Tra di noi Ferrarella lo abbiamo soprannonimato Cassazione" (si può immaginare come ci rimasero male).
E dunque anche qui una lettura dietrologica di quanto accaduto sarebbe forse più affascinante della facile realtà: e cioè che è tutto frutto di lavoro giornalistico. Ma la sostanza non cambia: Corriere era nel 1994, e Corriere resta nel 2013. I dispiaceri a Berlusconi vengono sempre dalla stessa prima pagina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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