Dopo gli insulti, arriva la rabbia. Appena mitigata dal successo di ascolti di Stadio Europa il programma che ha condotto in occasione degli europei di calcio. La melodia dei cinguettii che ha investito Paola Ferrari dopo la finale degli Europei in effetti è tutt’altro che dolce e lo share non basta a farle tornare il sorriso. La pioggia di offese sul suo aspetto e la sua età si sono diffuse viralmente su Twitter, tanto che lei ha minacciato una querela nei confronti del social network.
È una scelta presa a caldo, sull’onda della rabbia a cui poi ripenserà?
«Certamente sono rimasta sbigottita, ma non credo proprio che ci ripenserò. In questi giorni sto prendendo una decisione con i miei avvocati, perchÉ il problema è che sui social network esiste un buco legislativo enorme».
Cosa l'ha ferita di più?
«Il fatto che abbiano voluto offendermi come donna. Io ho 51 anni e non ho mai fatto niente per nasconderlo. Sono una professionista che ha alle spalle 25 anni di impegno, esco da un anno di lavoro ininterrotto, e la trasmissione che ho condotto ha avuto successo. Non capisco perché debba essere dileggiata e insultata. Le critiche le accetto, ma non da parte di anonimi maleducati. E mai se non sono supportate da fatti».
Non teme che con una querela la Rete si scateni ancora di più nei suoi confronti?
«Non mi interessa, so solo che non è giusto che questa situazione rimanga impunita. Perché dovrei permettere a dei maleducati di offendermi? Solo perché sono una donna e non ho più 20 anni? Un conto sono le critiche, un'altra sono gli insulti che possono leggere tutti, compresi i miei figli adolescenti»
La accuseranno di essere una detrattrice dei social network...
«Ma io non lo sono affatto. Sia io che mio marito li usiamo, sono la nuova frontiera dell’informazione. Io poi vado spesso su Facebook, uno strumento eccezionale per dialogare con chi segue le mie trasmissioni, ma deve passare il messaggio che scrivere insulti su Twitter è come gridarli dalla finestra: ha lo stesso valore e produce gli stessi effetti»
Eppure Twitter lo dice chiaramente: ogni responsabilità per i contenuti è rimandata agli utenti. Perché denunciare il social network allora?
«Perché a me non interessa il singolo insulto e non ce l’ho nemmeno con il singolo utente maleducato. Non l’ho mica presa sul personale. Il problema è che il funzionamento di queste piattaforme non frena certi atteggiamenti».
E con una querela cambierà qualcosa?
«Spero che questo episodio diventi l'occasione per fare una riflessione sulla rete. E che vengano approvate norme come quella proposta del ministro Severino per la rettifica obbligatoria ai siti».
Rimarrà su Twitter?
«Non mi sono posta il problema, ma su Facebook rimango di sicuro».
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