Quattro ore e passa di faccia a faccia, tra alti e bassi e più d'un momento di tensione. Si discute dell'eventuale spacchettamento del partito, della nascita della nuova Forza Italia 2.0 e del destino del Pdl. Due visioni completamente diverse, con Berlusconi che ha dalla sua Verdini e Alfano accompagnato per l'occasione da Gianni Letta. Un confronto lungo e non certo in discesa, anche se quasi tutte le questioni sul tavolo alla fine resteranno appese. Per una ragione evidente: prima di prendere ogni decisione il Cavaliere vuol vedere come finisce la partita della riforma della legge elettorale. Insomma, c'è da aspettare almeno un'altra settimana.
L'unico punto su cui i due davvero sono in sintonia è la necessità di pretendere dal governo l'election day per il 10 febbraio. Quello è il giorno in cui si voterà nel Lazio e il Pdl chiederà con forza - a Monti ma anche al Quirinale - che Lombardia, Molise e pure le politiche nazionali si tengano tutte in quella data. Per diverse ragioni. Si risparmiano circa cento milioni di euro e l'argomento fa piuttosto presa vista la crisi. Eppoi si evita che una probabile sconfitta nel Lazio e una possibile caduta in Lombardia possano affossare completamente il centrodestra in vista delle politiche. Senza contare che a quel punto Alfano avrebbe anche l'argomento per mettere la parola fine all'ormai ridicola querelle su primarie-sì e primarie-no.
Sul punto Berlusconi è netto: o c'è l'election day il 10 febbraio o togliamo la fiducia a Monti. Ed è questo che i due concordano che Alfano debba dire ai giornalisti che lo attendono all'uscita di Arcore. Il segretario del Pdl, però, la prende un po' alla larga: sull'election day non è così netto come avrebbe voluto l'ex premier e soprattutto si lascia scappare che «Berlusconi non manifesta la volontà di candidarsi» e che «le primarie sono fissate per il 16 dicembre e non c'è alcuna marcia indietro». Il Cavaliere non gradisce. Per niente. Soprattutto quel riferimento alla sua discesa in campo (la decisione è ancora da prendere) oltre che i toni morbidi nei confronti del governo. La correzione di rotta arriverà tre ore dopo con una telefonata all'Ansa: se non si risolve il nodo dell'election day - dice Alfano - il Pdl non esclude la crisi di governo. Che ci sia tensione lo conferma l'uscita di Verdini, uno che parla pochissimo e mai a sproposito: la vera notizia di oggi è election day o crisi.
Il fronte, dunque, è aperto. E con ogni probabilità Berlusconi lo utilizzerà anche per far ballare il tavolo sulla riforma elettorale. Che al Senato il Pdl la voglia fare «contro» i suoi desiderata non è infatti un mistero. Al punto che i più vicini ad Alfano lasciano intendere che il Cavaliere avrebbe dato il via libera a patto di gestire da solo il 33% di posti bloccati e lasciare ad Alfano i due terzi delle preferenze. Questo fanno filtrare alcuni big vicini al segretario. L'ex premier, invece, sarebbe ancora molto perplesso dal modello buttato giù al Senato e visti i tempi strettissimi (si tratta in commissione lunedì e martedì e si dovrebbe chiudere in aula giovedì) un braccio di ferro con Palazzo Chigi sulla data del voto potrebbe essere decisivo. Senza contare che Berlusconi è atteso a Roma mercoledì pomeriggio per partecipare alla presentazione del libro di Vespa. Un palco da cui potrebbe far partire qualche bordata.
In attesa di chiarimenti, intanto, Berlusconi rallenta sul fronte spacchettamento e sconvoca la riunione prevista per oggi pomeriggio ad Arcore dove si sarebbe dovuto discutere della nuova Forza Italia. In archivio, invece, le primarie.
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