Il rottamatore è pronto a presentarsi sul Colle con l'Italicum blindato

Alla Camera Pd e Fi sventano la manovra dei partitini (e della Boldrini) per allungare i tempi

Il rottamatore è pronto a presentarsi sul Colle con l'Italicum blindato

Roma - Quella di oggi, dice Matteo Renzi, è «la giornata decisiva». Oggi si capirà se l'accordo sull'Italicum tiene e marcia in Parlamento, o se salta: alternativa che il segretario ha messo chiaramente davanti ai suoi, ben sapendo che nessuno di loro (né degli altri partitini che sbraitano contro l'Italicum) ha voglia di precipitare verso elezioni senza rete.

«Ormai siamo a un bivio - dice in serata a Ballarò - o si prova a cambiare davvero, modificando le cose che vanno modificate, nessuno può pensare di aver fatto una roba perfetta, oppure se non si fa nulla è la palude». E dalla «palude», ieri, Renzi si è tirato fuori anche fisicamente, tornandosene a Firenze senza lasciarsi risucchiare dai gorghi delle trattative romane. Ieri è stato un giorno di botta e risposta e dichiarazioni bellicose in pubblico, e di dialogo in privato. Nessun incontro faccia a faccia tra Renzi e Silvio Berlusconi, la notizia è stata liquidata dal sindaco come «gossip», ma i due (e i loro luogotenenti) si sono tenuti in costante contatto. E a sera è spuntato il possibile compromesso: il Cavaliere è disponibile ad un ritocco al rialzo della soglia per il premio di maggioranza, dal 35% al 37% (il che mette a tacere le obiezioni del Quirinale e rende quasi sicuro il ballottaggio), ed è disponibile pure a delegare al governo - sia pur con tempi rigidi - la ridefinizione dei collegi.

In mattinata, quando è giunta la notizia che Forza Italia, al contrario del Pd, non avrebbe ritirato i propri emendamenti all'Italicum, Renzi ha reagito con una dichiarazione dura: «Personalmente non mi farò ingabbiare nelle stanche liturgie della politica tradizionale: le carte sono in tavola, nessuno può bluffare. Se qualcuno vuole far saltare tutto, lo faccia a viso aperto e lo spieghi al Paese». Poi è ripartito per Firenze. I suoi però parlano di «gioco delle parti» con Forza Italia: il vero obiettivo del sindaco di Firenze, più che le bizze del Cavaliere, è l'ostruzionismo dei partitini, che ieri si sono appellati alla presidente della Camera Boldrini per chiedere tempi più lunghi per la discussione in commissione della legge elettorale. Con l'obiettivo di mandare l'Italicum in aula a febbraio, evitando così il contingentamento dei tempi e aprendo la strada ad un mercanteggiamento infinito. Scenario deleterio per Renzi, ma auspicato anche dai suoi nemici interni. Era questa l'operazione che Pd e Fi, congiuntamente, hanno con successo sventato ieri, obbligando la Boldrini («Che si è messa in testa di poter fare la leader di Sel alle prossime elezioni, e quindi rema contro l'Italicum», dice un dirigente Pd) a calendarizzare la legge elettorale per il 30 gennaio.

Con i suoi parlamentari, Matteo Renzi è stato chiaro: «Se falliscono le riforme e naufraga la legge elettorale, si aprono scenari imprevedibili, ma deleteri per tutti. Chi rema contro si assume la responsabilità di far cadere il governo e la legislatura», ha spiegato ai membri della Commissione lunedì sera, per convincerli a tirar via dal tavolo i trenta emendamenti firmati da deputati Pd. Gianni Cuperlo, a nome della minoranza interna, ha accettato.

Le prossime ore saranno dedicate a blindare l'accordo, portando a Napolitano la rinuncia di Berlusconi alla soglia del 35%. «Mi batterò anche per abbassare al 4% la soglia per le liste, lo ho promesso ad Alfano», spiega il sindaco. Se poi non ci si riuscirà, pazienza.

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