Casini spacca Scelta civica per ricreare il grande centro

Montiani divisi, volano gli stracci con gli irriducibili del Prof. Pier Ferdinando a Virus gongola: "I democristiani non sono mai morti" e strizza l'occhio ad Alfano

Casini spacca Scelta civica per ricreare il grande centro

Montiani da una parte, popolari dall'altra. Il piccolo centro si è spaccato in due all'assemblea di Scelta civica. Un pretesto procedurale (una modifica al regolamento) ha sancito la frattura che covava da tempo: i popolari, rifiutandosi di cambiare in corsa le regole, hanno abbandonato la riunione. Nel salone sono volati gli stracci, parole pesanti, accuse di doroteismo, opportunismo, sabotaggio, provocazione. Altro che misura, sobrietà, basso profilo predicati da Monti quand'era premier. Da una parte il gruppo di Pier Ferdinando Casini e Mario Mauro, dall'altra la pattuglia di Mario Monti che ha annunciato di aver rinunciato all'idea di mollare. Tutto è finito in una cagnara generale proprio nel giorno in cui un ministro di area montiana, Annamaria Cancellieri, è stata a un passo dalle dimissioni.

Il divorzio è stato sancito dal presidente Alberto Bombassei: «È arrivato il momento di sciogliere il patto elettorale con l'Udc - ha detto dal palco - È del tutto evidente che abbiamo un'idea di Paese del tutto diversa da quella che l'Udc sta proponendo». Pronta la replica di Lorenzo Cesa: «Bombassei che dichiara rotta l'alleanza con l'Udc suscita una certa tenerezza. Qui l'unica cosa che si è rotta è Scelta civica». Parole ripetute in serata da Pier Ferdinando Casini.
I popolari avevano presentato all'assemblea un documento firmato da tre leader che non si riconoscono più nell'atomo di Monti: il capogruppo alla Camera Lorenzo Dellai, il senatore Andrea Olivero e il ministro della Difesa Mario Mauro. «È nostro compito - vi si legge - proporre un progetto politico stabile e maturo, a larga partecipazione popolare, non elitario, per non tradire le aspettative e le speranze che abbiamo suscitato».

«Basta con le scialuppe, ci vuole un cantiere per costruire una grande nave popolare»: così in mattinata Mario Mauro aveva sintetizzato il progetto politico dei popolari dall'ambizione inversamente proporzionale al peso elettorale. Un partito «popolare, democratico, riformista, europeista e in netta discontinuità con la stagione berlusconiana, concorrente con la sinistra ma degasperianamente alternativo alla destra». Ma i popolari non avrebbero voluto spaccare Scelta civica, quanto trascinarsi dietro tutto il partito abbandonando la deriva di Monti, quello che Olivero chiama «il riformismo elitario che non tiene conto delle ricadute sulla vita delle persone».

Monti ha deluso tutti, «è riuscito a portarci dal 12 per cento delle elezioni al 2 per cento dei sondaggi», ha sibilato Mauro. L'ex premier reagisce con flemma imperturbabile e inscalfibile: «È stato un chiarimento che ho ritenuto doveroso ed è avvenuto in modo doloroso e trasparente. Mi dispiace che non si sia potuto proseguire in un percorso di unità, ma bisogna sempre ricordare che l'unità non è una rendita di posizione».

E ora, i popolari offriranno una sponda ad Angelino Alfano e ai suoi uomini in rotta con Berlusconi? In serata, ospite di Virus su Raidue, Pier Ferdinando Casini esordisce dicendo che «i democristiani non sono mai morti». E fa i nomi di Enrico Letta e Matteo Renzi, oltre che di Alfano. Sempre Virus rivela che, secondo un sondaggio Euromedia, per metà degli italiani i valori della Dc sono sempre vivi. Aggiunge Casini: «Noi non dobbiamo accogliere nessuno, qui c'è un cantiere aperto, loro nel centrodestra e noi nel centro.

Non pensiamo che solo il cambiare possa essere garanzia di risultato. Vendere un prodotto è facile, ma i venditori sono bravi a collocare il loro prodotto anche se di scarsa qualità. Dobbiamo lavorare seriamente in Parlamento e nel Paese per sostenere l'unico governo oggi possibile».

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