L'incontro con Matteo Renzi si farà. Forse sabato, molto probabilmente prima della prossima settimana. Con l'obiettivo di chiudere un accordo sul modello spagnolo con premio di maggioranza e bipolarismo garantito. L'ambasciatore del Cav Denis Verdini non sembra avere più dubbi, come se l'intesa fosse davvero a portata di mano. Con Renzi si sono visti in più occasioni e ieri c'è stato un lungo incontro tra l'ex coordinatore del Pdl e Roberto D'Alimonte, consulente del sindaco in materia elettorale. La strada, a sentire Verdini e chi ha avuto occasione di parlargli, sarebbe ormai in discesa e l'incontro tra Silvio Berlusconi e Renzi servirebbe proprio a suggellare l'intesa.
D'altra parte, Renzi non avrebbe alcun interesse a vedere il Cavaliere se non per chiudere. Un incontro che per il Cavaliere avrebbe un doppio valore: dimostrare di essere ancora al centro della scena politica ma anche una nuova legittimazione dopo la sua decadenza. Non è un caso, infatti, che il leader di Forza Italia che avrebbe dato il suo placet sullo spagnolo abbia chiesto che il faccia a faccia si tenga in un luogo «pubblico» come la sede del Pd o di Fi così che l'impatto mediatico sia ancora più forte. E Renzi sarebbe anche disponibile purché si chiuda alle sue condizioni, in particolare sul superamento del Senato.
Nonostante le beghe interne al partito, dunque, è soprattutto su questo che si concentra il Cavaliere durante la giornata (a parte una parentesi giudiziaria: la Cassazione deciderà il 18 marzo se confermare i due anni di interdizione per la condanna Mediaset). Così, l'incontro a Palazzo Grazioli con Verdini non serve tanto a rimettere insieme i cocci dopo la sonora litigata notturna di qualche ora prima («Facciamo la conta tra partito e club e vediamo chi ha davvero i numeri», è sbottato a un certo punto l'ex coordinatore), ma a fare il punto della trattativa con Renzi. Già, perché in queste ore Verdini gioca una doppia partita: quella di chi dentro Forza Italia si oppone ad una riorganizzazione drastica che veda Giovanni Toti nominato numero due esecutivo con il lancio in pompa magna dei Club di Marcello Fiori e quella decisamente più importante sulla legge elettorale.
Ed è nella prima veste che martedì notte è arrivato ad alzare la voce con un Berlusconi che continua a puntare sul direttore di Studio Aperto e Tg4 per «svecchiare» il partito. Con toni meno coloriti, le stesse obiezioni le ha fatte ieri Raffaele Fitto, a pranzo a Palazzo Grazioli (si sono uniti anche Niccolò Ghedini e Gianni Letta) per ribadire la sua contrarietà alla nomina di Toti. Il Cavaliere si è mostrato comprensivo, anche se poi in privato si è lamentato delle pressioni interne. Mi hanno fatto litigare con Alfano il senso delle sue parole e ora vogliono impedirmi di rinnovare il partito. Nonostante la brusca frenata, insomma, la partita non sarebbe chiusa. Allo stato Toti dovrebbe essere nominato portavoce e responsabile della comunicazione, con un incarico nell'Ufficio di presidenza ma senza il ruolo di primus inter pares. E magari essere candidato alle Europee (ma con il rischio che il partito non lo aiuti nel raccogliere un numero soddisfacente di preferenze). Una posizione, quella di Toti, che ha spinto il direttore del Tg di La7 Enrico Mentana a un'incauta presa di posizione: «Si può essere direttore di telegiornali e contemporaneamente coordinatore di partito?», s'è chiesto Mentana nel suo solito preambolo al tg delle 20, scatenando la pronta risposta dell'interessato: «Sui rapporti tra giornalismo e politica credo che Mentana possa trovare voci più esperte della mia nella sua stessa rete».
Sul tavolo del Cav resta anche l'ipotesi del comitato ristretto da affidare al coordinamento di Toti (avrebbe così un ruolo più centrale), magari con l'innesto di qualche volto «nuovo» come
quello del sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo o del governatore campano Stefano Caldoro. Sarà decisivo il week end, quando come sempre accade ad Arcore - torneranno alla carica i sostenitori della svolta generazionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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