il commento 2 Dalla medicina al meteo Quanti danni dal mito della scienza infallibile

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La formulazione più radicale del determinismo scientifico fu data, a fine Settecento, da Pierre-Simon Laplace, secondo cui ogni evento ha una causa determinata e una mente onnisciente potrebbe prevedere l'evoluzione di qualsiasi oggetto dell'universo. Ma neppure Laplace pensava che un simile programma fosse umanamente realizzabile. Anzi, sosteneva che la mente umana limitata ne sarebbe rimasta sempre infinitamente lontana. Non a caso questa formulazione del determinismo è premessa al primo trattato sulle probabilità, le quali riflettono «in parte la nostra ignoranza, in parte le nostre conoscenze». Insomma, essendo impossibile prevedere tutto con esattezza dobbiamo accontentarci di approssimazioni in termini di probabilità. Nonostante ciò, l'aspirazione alla massima esattezza è rimasta come un ideale della scienza. Anzi la scienza è comunemente vista come l'unica forma di conoscenza che permette di acquisire risultati indiscutibili. Gli scienziati stessi sono talvolta tentati dal farlo credere, per nobilitare l'immagine delle loro discipline. Ma sappiamo che non è così e assai più che non ai tempi di Laplace. Non solo perché la fisica, avventurandosi nel microscopico ha dovuto rinunciare all'approccio strettamente deterministico, ma perché l'estendersi del metodo scientifico a campi dominati da un'enorme varietà di interazioni complesse ha ristretto ulteriormente le capacità di previsione. È di una quarantina di anni fa la scoperta che i modelli matematici meteorologici presentano un fenomeno (detto «caos») che rende inattendibili le previsioni oltre un breve periodo. La previsione esatta dei terremoti è al di fuori della portata della scienza. E non parliamo delle previsioni nei processi vitali (per esempio i tentativi di prevedere la diffusione dell'Aids hanno prodotto solo insuccessi) ed economici, dove è evidente che non si riesce a dire neppure cosa accadrà tra un'ora. Eppure l'aspirazione alla previsione esatta è nella natura umana. Vorremmo sapere che cosa ci riserva il futuro, se vivremo in benessere e in buona salute. Il caso non ci piace affatto, anzi è un nemico da battere; non soltanto quando è ostile, ma anche quando potrebbe essere favorevole: se compiliamo la schedina del totocalcio è per sfidare il caso, non lo faremmo di certo se pensassimo alla probabilità infima di fare un tredici. Questa aspirazione alla certezza può diventare molto pericolosa se si incrocia con il mito dell'esattezza della scienza. In tal caso si rischia di concentrare su di essa e sugli scienziati ogni aspettativa. Gli scienziati hanno la loro parte di responsabilità che deriva spesso da un uso sconsiderato della statistica, che indica al più l'esistenza di correlazioni tra eventi: quando accade l'evento X nel tot% dei casi accade l'evento Y. Ma questo non implica affatto che se accade X allora accadrà certamente Y. Esiste una forte correlazione tra fumo e cancro polmonare, ma fumare non implica deterministicamente il cancro. Se poi la correlazione non è forte si rischia la cialtroneria. I medici che proposero di asportare la mammella alle giovani con un malfunzionamento genico correlato al 60% al cancro al seno, erano scienziati mediocri e persone irresponsabili. Quindi, il corto circuito nefasto dipende dalla pretesa di trasformare le statistiche in leggi scientifiche: in mezzo c'è un abisso non sempre valicabile. Se non si comprende questo e si continua ad alimentare il mito di una scienza infallibile saranno guai per tutti. Saranno guai per gli scienziati che finiranno in galera per non aver previsto terremoti e temporali.
Saranno - e lo sono già - guai per i medici che, se non riescono a guarire un malato, pagheranno somme salate o finiranno sotto la scure penale. Saranno guai anche per gli economisti che saranno tradotti in ceppi per non aver previsto le crisi economiche.

Saranno guai per la gente che soffrirà credendo di vivere in un mondo ostile che, chissà perché, nega loro benessere, salute, tranquillità. Nessuna situazione come questa illustra meglio il paradosso per cui la credenza mistica nel potere assoluto della ragione può essere fonte di irrazionalità e di infelicità.

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